Napoli mi ha accolto con uno schiaffo di vento che sapeva di mare mentre scendevo dal Monte Echia al Chiatamone per le rampe di Pizzofalcone e nella prima di esse, all’altezza di Villa Ebe, mi si parava di fronte, con un’espressione curiosa, un gabbiano postato su un’auto.
Avevo fatto pochi metri per le strade di Napoli e mi prendeva, come una specie di sospensione interiore dello scorrere del tempo, la nostalgia, uno struggimento più potente del semplice ricordo.
E’ lo stesso struggimento che mi porto dentro ogni volta che cammino per Napoli: sempre a piedi e un po’ a casaccio ad annusare gli odori e ad ascoltare i suoni, le voci, i richiami, a cercare il modo di imbastire una conversazione: su una porta di un bar che chiude con troppo fragore, per un’indicazione stradale, un commento sportivo, una battuta sul tempo.
Quel giorno di gennaio volevo arrivare subito al mare, al Borgo.
E di là, girandomi verso terra, vedere a destra la Collina di Posillipo ed a sinistra le ultime falde declinanti del Vesuvio, sentire lo sciabordio del mare ai miei piedi e l’odore forte della salsedine rappresa sulle barche e sulle reti ed in quel momento pensare che tutto quello spettacolo fosse stato montato apposta per me.
Sono entrato nella Trattoria O’tabaccaro. Volevo sentire le voci e il dialetto.
Su una parete c’era una vecchia foto con il Borgo coperto di neve.
“E’ la neve del ’56?”
“Sì” rispondeva un cameriere giovane prendendo al volo le mie parole, in realtà rivolte a nessuno, forse al muro stesso.
A Napoli è difficile che si faccia cadere una parola per terra senza che qualcuno nei dintorni non la riprenda al volo per imbastirci una frase, un proprio pensiero, l’abbozzo di un dialogo. E così capitò.
“Io allora non c’ero. Ma nel 2018, a febbraio, ha fatto una nevicata grandissima e qui era tutto coperto, tutto bianco. Una meraviglia!”
Ma stavolta avevo un appuntamento e non avrei potuto girare a piacimento per i vicoli del centro e perdermi fra i cortili segreti dei palazzi, gli androni e gli slarghi, a cercare quelle vedute e quegli scorci conservati nella memoria da quando, un secolo fa, frequentavo quegli anfratti da universitario o da militante politico.
Non avevo quel “tempo liberato” che questa città sembra offrire a tutti quelli che la percorrono senza una vera meta: mi aspettavano “gli autori” del primo anno del Blog.
A quell’appuntamento, nel pomeriggio di sabato 18 gennaio, ci sono arrivato con il cuore in tumulto già da un bel pezzo.
Mi ero sforzato comunque di preparare una scaletta – perché era nato il Blog, gli ispiratori, Matteo Caccia, David Isay, qualche cifra su quanto si pubblica in Italia e qualche interrogativo da lasciare alla platea.
Non è servita a nulla. Avevo la bocca asciutta e la lingua attaccata al palato, facevo fatica ad articolare una frase composta da più di sei parole mentre sentivo una nebbia bianca e densa scendere dolcemente nella mia mente.
Guardavo la platea e rivedevo la mia vita con tutti i fermo-immagine disseminati in quarantacinque anni di vita – tanti quelli che ho passato a Napoli. Gli amici di più vecchia data, compagni alle scuole medie, la compagna del liceo, quel volto incontrato nel sessantotto, i colleghi di banca, l’amico fraterno, i compagni di sindacato.
Ma la cosa più sorprendente è che tutti i presenti sembravano essere immersi nella stessa emozione.
Lo ripetevano intervenendo a turno.
Tutti avvertivamo il valore del luogo scelto per festeggiare un anno di Blog – la Libreria autogestita “IoCisto” – e offerto dalla presenza della rivista online “Mar dei Sargassi”, anch’essa autogestita, perché l’autonomia è un valore da difendere ad ogni costo.
Condividevamo in pubblico le ragioni della nostra voglia di scrivere e la sorpresa che fosse avvenuto tutto questo: scrivere, leggerci, scambiare i libri pubblicati, entrare a far parte e sentirsi, quella sera, una comunità.
Tutti emozionati e tutti felici. Le foto, le firme, gli abbracci: niente retorica, nessun discorso di circostanza, l’attualità politica sullo sfondo e un identico desiderio: non smettere di pensare, di scrivere e non consentire a nessuno di farci star zitti.
Una promessa: continueremo a dare voce al nostro cuore, raccoglieremo frammenti di storie e le rilanceremo dal Blog, uniremo almeno per un attimo le vite, i sogni e i desideri di amici sconosciuti.
E ci rivedremo l’anno prossimo. Di nuovo. Libreria IoCisto. A Napoli.
da sinistra: Mino Schiano, Armando Nocera, Paolo De Vita, Armando Staffa, Rosario Esposito, Luciano Bezzi, Amedeo Borzillo della Libreria IoCisto, Pierluigi Del Pinto, Antonio Salzano Direttore Editoriale della Rivista Mar dei Sargassi, Anna Pisapia, Enzo Viglietti, Gianni Santarpino
Sei riuscito a farmi provare nuovamente le emozioni di quella bella serata, vera, tra belle persone. Grazie
Una bella emozione condivisa
Una emozione intensa. Scrivere è anche un po’ parlare di una parte di sé che non può trovare posto in nessun contesto. Quando ti trovi faccia a faccia con i quali hai condiviso questi momenti, leggere o scrivere, è come aprire un po’ la corazza con cui ci presentiamo al mondo.
E provi affetto e gratitudine con chi condivide con te le sue emozione
Non poteva essere altrimenti.
La tua energia e il tuo entusiasmo sono contagiosi Pierluigi. Leggerti è rivivere quei momenti come se stesse accadendo ancora in questo istante. Il tuo saluto come una promessa: all’anno prossimo!
Rotolato anch’io dalle strade di Napoli, per me da sempre corridoio di casa, per partecipare ad un evento da “imbucato” più che invitato… per un incontro con il passato e per raccogliere un altro invito, una scaramantica promessa per esserci ancora anche al prossimo appuntamento.
manco solo nella foto ma come ti dicevo nella telefonata di oggi mi ritengo del gruppo e è mia intenzione ripescare i giovani del gruppo per un altro incontro tra i contame napoletani in modo da conoscere anche con quelli che ho solo salutato a gennaio aiutato spero da mino e i due armando.
Si è visto e sentito tutto. Lo struggimento, l’odore ed i suoni di Napoli, i suoi colori, i nostri sorrisi e l’emozione di ognuno. Alla fine mia figlia,che pensavo si sarebbe annoiata, mi è venuta incontro e abbracciandomi mi ha detto:
Papà mi sono emozionata!
Grazie ancora