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Cara amica…

Cara Marghy,

quello che ho vissuto non é accaduto a Caivano, nel ” famoso” Parco Verde, ma in un antico borgo del Sud, negli anni ’50,in un dopo-guerra carico di miserie e di speranze.
Mio padre, in seguito alla lunga prigionia in Grecia, aveva contratto diverse malattie che ne avevano minato la salute a tal punto che i suoi dolori alle ossa lo costrinsero a letto per un lungo tempo, in semi-paralisi .
Mia madre fu costretta ad assisterlo giorno e notte in ogni sua necessità Per questo motivo andammo a vivere tutti a casa dei nonni, così ci ritrovammo io, sei anni, e la mia cuginetta di quattro,a trascorrere tanto tempo insieme, nel cortile di casa, rincorrendo gatti e galline ma sotto lo sguardo dello zio, fratello minore di papà.
Non ricordo quando iniziammo ad essere trascinate in una storia agghiacciante al di là della realtà…
…forse inizió una mattina d’autunno, quando in casa da solo, ci portó per mano per le scale, su in soffitta:.
Al luogo dell orrore si saliva da una scaletta interna, attraversando una botola nascosta da sacchi di noci e nocciole, che occultavano quel varco … Lui spostava i sacchi pesanti, trascinandoli con cura per farci entrare, poi li rimetteva davanti all’apertura.
… nel buio di questa stanza maleodorante, iniziava a spogliarci…
Le sue mani, la sua bocca, il suo liquido dall’odore di varrichina, la mia testolina che lui costringeva a calare sul suo corpo, le mie mutandine buttate a terra… Non so quanto sia durata questa violenza ma venne il giorno in cui andammo via da quella casa : dimenticai ” la botola” fino all’età dei 10 anni, quando un giorno, risvegliandomi da un coma di mesi, causato da un incidente, sentii trascinare qualcosa di pesante nella stanza d’ospedale:forse trascinavano un sacco di biancheria sporca… così ritornó alla mente “lo struscio” del sacco che chiudeva la botola e l’odore nauseante di varrichina…
Iniziai a ricordare i primi particolari, la scala, il silenzio, il buio, gli abusi, mia zia che mi sgridava spaventata perché trascinavo in modo ossessivo, come un rituale magico, dentro un catino dei poveri gattini appena nati, e strofinavo il sapone su quei corpicini ,così violentemente, da ucciderli… lo psichiatra mi spiegó anni dopo, quando mi ammalai di depressione, che i micetti rappresentavano il mio corpo abusato: la mia mente voleva cancellare l’orrore, “lavare via tutto”, come mi lavava lui, dopo avermi abusata.

Crescendo, la memoria risvegliata dal coma fece riaffiorare tutto nei minimi particolari, ma andai avanti nell’assoluto silenzio imposto da una società patrircale
Dovevo convivere con questa tragica verità e al tempo stesso “fare finta di niente”, incontrarlo ad ogni festa comandata e salutarlo con rispetto come si conviene a uno zio…
Crescevo e diventavo donna ma all’epoca, parlare di sesso era impensabile sia in casa che a scuola , le amiche raccontavano storie di sguardi e di baci, si rideva per una barzelletta sconcia o qualche storia di paese. Chi avrebbe mai potuto credere alla mia storia? Chi sarebbe stato in grado di ascoltarmi per comprendere, e soprattutto, aiutarmi?
Se solo i miei genitori o gli insegnanti avessero scoperto, che sin da bambina mi vedevo sporca e colpevole,, cosa mi sarebbe accaduto? Nessuno doveva sapere mai nulla, e così ho deciso di morire dentro, per tanti e lunghi anni.
Niente e nessuno scuotevano questo senso di morte, spesso piangevo, maledicendo quel risveglio dal coma, e quel lupo cattivo che mi aveva rubato l’ infanzia.
Sono cresciuta e diventata donna serbando la violenza nel mio cuore , come si nasconde uncolpevole, io,ero colpevole e sbagliata perché a sei anni avevo perduto l’ innocenza, trascinata nell inferno di una botola…
Dopo tanti anni la vergogna e un sordo senso di colpa, mi avevano trasformata in un muro di gomma:
niente più mi toccava nel profondo : l’educazione antiquata di mio padre mi impediva di uscire con le amiche e di amare l’unico uomo della mia vita, mio marito, un vero dono dal cielo…
Sono certa che la mia vita sia davvero iniziata dopo aver sposato lui, che solo recentemente ha conosciuto il mio dramma.
Lui mi ha reso madre e sposa felice,oggi é questo il senso della mia vita: la famiglia, l’amore.
Mi chiedo spesso perché questa triste storia mi faccia ancora l tanto male.
Ogni notizia su abusi ai minori mi riporta alla botola , i dolorosi ricordi riaffiorano e probabilmente saranno sempre con me.
La mia vita é andata avanti e mi ha donato tanta gioia e una forza incredibile per raccontarti la mia storia.
Oggi credo che tutto abbia un senso,, anche quel dolore, perché é stato sconfitto dal bene.
Sono una donna uscita dalle tenebre dopo un lungo cammino. Vorrei raccontare a tutti la mia storia perché parlarne mi fa sconfiggere il male e lenisce le mie ferite… quelle bimba muta, chiusa per troppi anni in un dolore indicibile ora ha trovato il coraggio di parlare.
Quella bimba muta ha trovato la forza di raccontare non solo il suo inferno ma la sua redenzione.

Pubblicato inDonne

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