Salta al contenuto

Dall’altra parte della scrivania

Ultimamente mi capita spesso di andare in trasferta per lavoro a Roma, che è la mia città di nascita. La città che non avrei mai immaginato di avere il coraggio di lasciare, ma l’ho fatto.

Quando vado a Roma in trasferta mi sposto nella città con il taxi. È strano, ma bello, lasciarmi accompagnare per le strade del primo tempo della mia vita, senza lo stress del traffico, senza la fatica di trovare la strada giusta, senza patire le prepotenze degli automobilisti arrabbiati. E allora quando mi capita di prendere il taxi, mi godo appieno il breve viaggio, riconosco gli angoli della mia adolescenza, cerco con lo sguardo le vecchie insegne dei negozi, come per misurare la mia capacità di ricordare. Ogni volta mi stupisco di come sia tutto cambiato, come sia tutto incredibilmente rumoroso, e luminoso. E poi, quanti negozi nuovi! Lì c’era quel negozio dove compravo i cd, adesso c’è un’insegna di telefonia, da quella parte invece dove mia madre mi portava da bambina a comprare le scarpette di vernice, ora c’è un barbiere. Toh, guarda lì c’è il bar dove andavo con gli amici dopo scuola, e vicino un altro barbiere! Anzi, no, un Barber Shop. Che poi cos’è questa moda di chiamare i barbieri “Barber Shop”. E cos’è tutto questo pullulare di Barber Shop? Una città piena di Barber Shop!

È strano, ma bello, andare in trasferta nella propria città. È come essere ospiti in casa propria. È come indossare un cappotto un po’ stretto, ma di quelli con la stoffa buona, che dopo tanti anni tengono ancora caldo. È come ritrovare un profumo dimenticato. Roma è profumo di aghi di pino e di cielo azzurro.
Tornare a Roma è sempre coinvolgente, travolgente, impegnativo per me. E allora, quando salgo sul taxi apprezzo la solitudine, il silenzio, la quiete. Chi conosce i tassisti di Roma sa che sono proprio l’opposto della solitudine, del silenzio, della quiete. I tassisti a Roma parlano, parlano, parlano. Del sindaco, della pessima gestione della città, del tempo che è cambiato, delle buche, del Capitano che non gioca più. Quindi quando salgo sul taxi a Roma, a costo di sembrare scortese, evito qualsiasi occasione di interazione.

L’altra sera però ho incontrato Gaetano.

Ho preso il taxi alla stazione Termini. Come sempre il tassista mi ha gentilmente aiutato con la valigia e mi ha aperto la portiera. Gli ho comunicato l’indirizzo. E lui mi ha confessato che non aveva proprio idea di dove fosse quel posto a Roma e che era poco tempo che faceva il tassista. Sarà stato il tono, sarà stata l’emozione che ha lasciato trapelare nello sguardo, beh, mi sono detta che Gaetano il tassista aveva una storia da raccontare.

Questa è la storia di Gaetano. Cinquant’anni. Padre di famiglia. Fino a un anno fa affermato direttore di banca. Banca spagnola, con filiali in Italia. Poi la banca decide di chiudere le filiali italiane. Buio. Sipario. Così finisce la prima puntata della storia di Gaetano. Cinquant’anni. Padre di famiglia. Senza lavoro.

A cinquant’anni, mi dice, chi ti prende a lavorare? A cinquant’anni sei vecchio. E non importa se hai già trent’anni di carriera. Non importa la professionalità che hai maturato. A cinquant’anni sei superato. Largo ai giovani! Più dinamici più flessibili, più disponibili. Gaetano ci prova, cerca nuove opportunità nel mondo che fino ad allora era la sua casa, la banca. Ci prova, ma ha il cuore triste. Si sente tradito. Sente che non è quello il mondo dove deve ricominciare.

Allora una sera a cena posa la forchetta sul tavolo, guarda la moglie, le figlie, si fa coraggio e dice “ho deciso di passare dall’altra parte della scrivania, esco dalla banca, vado in strada. Ho deciso di fare il tassista”. La moglie e le figlie lo guardano con gli occhi fuori dalle orbite. Tassista? Lui sa che quella è la scelta giusta. Basta soffrire per aspettative deluse, basta correre dietro ad un ideale che non c’è più. Basta piangersi addosso. La vita va presa con coraggio. E Gaetano il coraggio ce l’ha, il coraggio di ricominciare. Ripone nell’armadio giacche e cravatte, si infila un paio di scarpe da ginnastica e va in giro a capire come diavolo si fa a diventare tassista. Immagina di dover sostenere qualche esame, qualche concorso. Invece no, gli dicono che bisogna pagare. Prende i suoi risparmi, si compra la licenza e diventa Gaetano il tassista.

Gli chiedo se dopo un anno è contento della scelta fatta. Mi risponde con un grande sorriso. Quando faceva il bancario era stanco, di una stanchezza mentale, fatta del peso di responsabilità, burocrazia e normative. E nel weekend non riusciva mai a staccare. Era diventato un uomo triste. Chiuso nella sua routine, prigioniero del suo ruolo. Da quando fa il tassista, Gaetano è stanco fisicamente, non di testa. Quando è a casa si riposa, riesce a staccare e ha ripreso il contatto con la vita.

Gaetano oggi è un uomo felice.

Raggiungo la mia destinazione. Saluto Gaetano il tassista. Lo ringrazio per la sua storia. Un breve viaggio, una storia piccola, un grande atto di coraggio. Mi fermo, respiro l’aria di Roma e penso che la vita di opportunità te ne offre tante, che ci sono opportunità ovunque, anche nelle delusioni.

Penso che la vita va presa a morsi. E ognuno di noi può vivere con coraggio. Il coraggio di ricominciare. Di cambiare città, di cambiare aspettative, di rompere una routine, di aprire le porte della propria prigione. Ciascuno di noi può farlo.

Ciascuno di noi può passare dall’altra parte della scrivania.

Pubblicato inLuoghi del Cuore

1 commento

  1. Rosario Esposito Rosario Esposito

    Ed è meraviglioso esserci passato e poter fare quello che pensi sia giusto fare per goderti la tua “contentezza” che è uno status mentre la felicità la si associa, spesso, ad un momento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *