C’era una volta una bambina bellissima. Il suo nome era Serenità. La piccola cresceva tranquilla e spensierata, ma i suoi genitori erano molto preoccupati, perché Serenità stava sempre chiusa nella sua cameretta e si rifiutava di uscire. Avevano convocato gli uomini più sapienti della terra, ma nessuno era riuscito a farle cambiare idea. E alla fine si erano rassegnati.
Il giorno del suo diciottesimo compleanno, all’alba, Serenità sentì sussurrare il proprio nome. Stupita, si guardò intorno, ma nella stanza non c’era nessuno.
“E se…” sentì di nuovo. “E se…”
“Chi sei?” chiese la fanciulla.
“Sono Inquietudine.”
“Inquietudine? Non ti conosco… Cosa ci fai qui? Perché non ti fai vedere?”
“Non puoi vedermi, abito dentro di te. Una noia…” rispose Inquietudine, sbadigliando.
“Una noia? Perché? Ho una vita meravigliosa, mai un pensiero, mai un turbamento.”
“Appunto. Dormo sempre, quaggiù. Per questo ti ho chiamata.”
“Bene, torna a dormire!”
“Anche tu!”
“Io non stavo dormendo.”
“Ma neanche vivendo: non provi alcuna emozione! Non è vivere, questo!”
“Non mi servono le emozioni.”
“Mmm…Hai mai sentito il tuo cuore palpitare d’amore?”
“Beh, no…”
“Ah, non sai cosa ti perdi!”
“E se…”
“E se…ecco cosa ti trattiene! Non puoi chiamarti Serenità se non conosci l’Inquietudine.”
“Non ti voglio, vattene!”
“E’ inutile che mi mandi via, sono parte di te. Non puoi ignorarmi, puoi solo accettarmi. Non sarà facile, ma ne varrà la pena. Vai e vivi!”
Serenità guardò fuori dalla finestra, due nuvole nere si stavano avvicinando minacciose.
“E se…” ripetè la ragazza, titubante.
“E se ti sorprenderà il temporale, imparerai che dove finisce la pioggia comincia l’arcobaleno.”
Serenità, tremando, si avvicinò alla porta. Chiuse gli occhi e fece un profondo respiro. Girò la maniglia e si tuffò nel mondo.
Non fu tutto rose e fiori. Ma, al finire dei suoi giorni, aveva una splendida storia da raccontare: la sua. Aveva gioito. Aveva sofferto. Aveva amato. E, soprattutto, aveva vissuto momenti di pura e autentica serenità.
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