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Era bella quella nave (2)

Mino è da poco primo ufficiale di un rimorchiatore di altura. E’ il 1981. Vede da passare una nave molto bella, moderna lussuosa che fende le onde con un fare “aristocratico”. Ma c’è poco tempo per sognare: la radio di bordo annuncia addirittura tempesta, mare forza 10 che è il massimo di espressione delle forze della natura. Con il comandante si decide di mettere il rimorchiatore a ridosso dello stretto per far scatenare la tempesta lontani dal mare aperto. Improvvisamente però dalla radio di bordo si sente arrivare un appello disperato. 

“MAYDAY MAYDAY MAYDAY QUI NAVE “XXXX” CON MACCHINE IN AVARIA, STIAMO SCARROCCIANDO VERSO LA COSTA, 30 PERSONE A BORDO, MAYDAY, MAYDAY

Eravamo sul ponte ambedue, io ed il Comandante. Ci guardavamo sconcertati.

Era la nave che avevamo ammirato il giorno prima, fiera, possente.

E adesso?

E’ difficile descrivere cosa accade nell’animo delle persone che compongono l’equipaggio di un rimorchiatore di altura in queste condizioni. Un salvataggio in queste condizioni può portare nelle tasche un compenso favoloso, ma i rischi sono difficilmente valutabili. Comunque enormi. Sembriamo nell’insieme un grosso predatore che comincia a gonfiare le narici ed a prepararsi alla caccia, ma abbiamo paura. Si tratta comunque di aprire l’anticamera dell’inferno.

“NAVE “XXXX” da rimorchiatore “Beta” siamo in zona, dateci la posizione”

“Perbacco e chi è mai questo Beta? Questo bluffa son sicuro” dice il Comandante, persona di grande esperienza.

Il salvataggio era infatti, a quei tempi,  più un atto di pirateria che di umanità.

Il recupero di una nave di quella stazza, nuova e magari carica, significava il recupero di un capitale valutabile in diverse decine di miliardi di cui una percentuale non trascurabile sarebbe finita nelle tasche della società armatrice del rimorchiatore e una percentuale di tale compenso all’equipaggio che ha effettuato il salvataggio.
Per quel gruzzolo si scatena una caccia alla preda in cui ciascuno tenta di nascondere le proprie carte e di spingere alla disperazione il Comandante della nave in pericolo per fargli accettare la condizione capestro del contratto aperto “No Cure No Pay”, in pratica, io ti salvo, poi vediamo quanto mi devi dare in funzione del valore salvato, come misura del successo.

E qui spuntiamo noi, il rimorchiatore Alfa, con i suo equipaggio atipico. Atipico perché a parte il Comandante, persona eccezionale per dirittura morale, capacità ed esperienza che, dico con orgoglio, è stato il mio maestro, tutti gli altri erano sì rimorchiatoristi, ma avevano cominciato, proprio come me, la loro vita di naviganti sulle navi.

“Non possiamo tirarci indietro” mi dice il Comandante  “forse tra tutti quelli che si butteranno sull’osso, come il rimorchiatore Beta. noi siamo il rimorchiatore più grande e forse l’unico che in queste condizioni ha speranza di successo.”

Avevo lo stomaco stretto .

“Ok capitano, andiamo, è in caccia anche l’”Alfa”

L’equipaggio è informato ed accoglie la notizia con un misto di ansia, speranza, timore, voglia di tentare, insomma, pur non ancora decisamente ma l’istinto del cacciatore cominciava a venire fuori misto a tanti altri sentimenti. Non lo nascondevamo, noi ci sentivamo più vicini all’equipaggio della sfortunata nave che ai “colleghi” rimorchiatoristi concorrenti

Cominciamo dunque la nostra “caccia” . Macchine a mezza forza dirigiamo verso il mare aperto.

L’aumento di regime delle macchine sembrava una sfida impari rivolta agli elementi. Noi, piccoli ignobili esseri sfidiamo così sfacciatamente le forze della natura?

“NAVE XXXX DA RIMORCHIATORE GAMMA DATECI LA VOSTRA POSIZIONE; SIAMO IN CONDIZIONI DI INTERVENIRE”
“RIMORCHIATORE GAMMA DA NAVE XXXX DATEMI LA VOI LA VOSTRA POSIZIONE, VOGLIO RENDERMI CONTO DI DOVE SIETE”
“SIAMO VICINI; VEDIAMO UN BERSAGLIO AL RADAR E FORSE SIETE VOI”

“E questo è un altro bluff” dico io “ lo capisco anche io che che sono un novellino!”

Le comunicazioni si susseguono affannosamente.

Solo a volte si riesce a sentire la nave: lo si intuisce dalla nota ansiosa della voce dell’operatore ma il più delle volte sono rimorchiatori “in caccia”, come cani sull’osso.

La prima onda ci accoglie appena messo il naso in mare aperto.

Ci sentiamo sollevare in alto come un fuscello, appena il tempo di capire che arrivava il vuoto, la prua puntava verso il basso, sembrava non finisse mai e man mano la luce dei nostri fanali di via illuminava un fronte d’acqua che ci raggelava il sangue. Arrivammo come Dio volle al termine di quel baratro con un fragore assordante che si univa all’urlo prepotente del vento in un unico orribile .frastuono mentre sembravamo circondati da una nuvola di schiuma filata e portata via dal vento e che si illuminava man mano che passava in corrispondenza della nostra fanaleria di via mentre il ponte veniva investito da una massa d’acqua rabbiosa che sembrava volesse distruggerci.

“Oh cazzo, qui sono più di dieci metri d’onda!!”

tutti quelli presenti sul ponte erano ammutoliti. Semplicemente avevamo aperto la porta dell’inferno. E non potevamo tirarci indietro. E poi quello era un rimorchiatore di salvataggio , era stato progettato anche e specialmente per quello. Era un pensiero consolante quando lo stomaco si attaccava alla gola fra un’onda e l’altra, rabbiose e prepotenti

“MAYDAY MAYDAY MAYDAY QUI STAZIONE AAAA ABBIAMO RICEVUTO COMUNICAZIONE SU 2182 (frequenza di soccorso n.d.r.) CHE STANNO PREPARANDOSI AD ABBANDONARE LA NAVE”

Guardo costernato il Comandante. Abbandonare la nave in queste condizioni è morte certa.

continua

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