“Possibile che non si possa mangiare a ore decenti in questa casa? Si può sapere cosa caspita stai facendo?”
Quello che sto facendo lo so benissimo.
Pulisco fagiolini. gli piacciono tanto.
Lui è di là, stanco, silenzioso, vinto da vari giornali e molte tivvù.
L’incarto della verdura scrocchia, le mie mani vanno veloci.
Le mie mani. Una volta erano bellissime, le vedevo lunghe e curate, le sognavo correre in acrobazie impossibili su tasti bianchi e neri…
Mi vedevo bellissima anch’io, una volta, mi piacevo, avevo luce, avevo voglia di brillare, ridevo.
Eppure, non è passato molto tempo.
E allora? Boh!
Succede che poi ci si accontenta, la felicità si accartoccia. Niente di grave, per carità. Come appallottolare questo sacchetto: tutto si schiaccia, tutto si riduce, rimpicciolisce.
Pensare che basterebbe poco: qualche piccola attenzione, al cibo, al corpo, al cuore.
Perché sono bella, sono ancora bella, lo so, lo capisco.
Quel sorriso, oggi al supermercato, ho capito subito che era per me, un breve piacevole calore.
Da domani si cambia, rivoglio la mia bellezza, ne avrò cura, da domani in poi.
“Vieni, è in tavola.”
questo brano che propone uno “sfogo” di donna realistico e crudo, per come colpisce e commuove, avrebbe diritto ad una diffusione ben più ampia del “nostro” manufatto semi artigianale.
Lo meriteresti tu che hai l’animo aggrovigliato e prezioso di un vero scrittore
Non è mai troppo tardi: bisogna crederci!