Ho rischiato di morire. A Pasqua di quest’anno, proprio il giorno di festa, sono stata malissimo. Avevo sottovalutato la portata del mio malessere di mesi prima, di giorni prima e il conto arriva, giunge sempre e se ne infischia dei pagamenti in contanti o con Pos. Esige la malattia. In fondo esige la Vita.
Ho pagato il mio prezzo, ho lasciato sul campo la mia colecisti, non ho ancora debellato la mia pancreatite grave, ma con costanza ( pseudo) e dedizione ( ancora più pseudo) sono in cammino ( quanto lungo non si sa) per arginarla e, poi, spero, debellarla. Ho conosciuto la solitudine e la paura in ospedale e, ad ogni accertamento diagnostico, ho fatto giuramenti, promesse e mi sono ammantata di buoni propositi. La mia Cassa di Previdenza prevede che,se a causa di un morbo , non muoio prima, posso avvalermi di una polizza sanitaria. Ebbene, il mio ” evento morboso” era annoverato fra quelli ” degni” di indennità giornaliera. Così mi è stato liquidato un tot, che non mi ha arricchito , ma ha ristorato, almeno in termini economici, il periodo di completa inattività professionale. Quando la Cassa dopo avere attinto per anni alle nostre risorse, con contributi che non da ora, reputo pesanti e pressanti, mi ha erogato l’indennità per il ” sinistro” , ho deciso che avrei fatto divenire un evento negativo artefice del più bel momento da vivere nella mia vita. Da tempo sognavo di fare un viaggio coi miei ragazzi , di farlo prima che la loro giovinezza prendesse il volo e la mia presenza fosse per loro ingrombrante. I due anni di Covid avevano impedito il realizzarsi del sogno che l’epidemia procrastinava. Volevo che provassero l’ebbrezza del volo in aereo. Che riempissero la loro anima di bellezza. E volevo essere io a portarli dentro la scoperta. Un vezzo, una presunzione, un’ultima illusione per chi è consapevole della loro crescita, del loro orizzonte non collimante più con il suo. Un ultimo rigurgito di orgoglio da”guida”. Un mix di emozioni dentro il frullatore della Vita. Programmare insieme è stato esaltante. Roma e i monumenti, Roma e la Storia, Roma e i musei. Roma e il Patto: Villaggio turistico per rinfrancare il corpo dopo l’ immersione dello spirito nell’eternità della Città. Strette di mano a suggellare l’accordo con preoccupazione da ambo le parti per chi avesse rotto per primo il patto. E volare. Riempirsi la vista della loro emozione nel mentre le turbine dell’aereo intensificavano la loro potenza sulla pista. Atterrare e gioire della loro pronta battuta:- Min… mizzica mamma, come i VIP , sono venuti a prenderci col cartello con su scritto il nostro cognome- indicando il tassista contattato per prelevarci direttamente al terminal dell’aeroporto. Iniziare una vacanza in cui il sorriso non ha mai abbandonato i nostri volti , in cui abbiamo riso a crepapelle persino quando i due avventurieri hanno letto la cartina al contrario e abbiamo percorso due km invano per trovare un monumento che all’orizzonte non scorgevamo. Mangiare un panino e prendere una granita alla menta per strada mentre lo sguardo si inebriava della grandezza di una civiltà che il mondo ci ha invidiato. Un tuffo in piscina mentre io di sottecchi , umilmente e volutamente a distanza, osservavo le prove tecniche di ” playboysmo” da parte dei virgulti. Le cene in cui amavamo onorare la gioia di essere insieme, vestendoci con cura e non vergognandoci di attestare l’appetito pucciando, inforchettando l’uno nel piatto degli altri. Km e km percorsi. Gambe a dolere ma felici di condurci. In aeroporto, al ritorno, ci siamo fatti il regalo. Fino all’ ultimo abbiamo atteso. Ognuno ha scelto un profumo, uno che gli ricordasse quei giorni di Felicità condivisa.
Atterrando a Reggio Calabria, con una vista dall’alto che è essa stessa un’opera d’arte, ci siamo stretti le mani, i miei occhi erano lucidi di gratitudine e amore. A Roma sono stata felice, figlia dei miei figli che mi hanno fatta sentire sicura ed amata madre di due giovani uomini che sono capaci di volare e di apprezzare la Vita almeno quanto essa stessa sia cara a me con tutte le sue sfaccettature. Scendendo dall’aereo mio figlio minore mi guarda e mi dice fra il serio e il faceto: – mamma, quando ti toglieranno il fegato…ce ne andremo in America-
Al mio sguardo allibito ha fatto eco il maggiore- se con l’ indennità per l’asporto della colecisti siamo andati a Roma, col fegato… minimo ci tocca l’America- e giù a ridere a crepapelle.
La Felicità. Non ero io che da una cosa brutta volevo farne nascere una bella? Ecco…pagavo le conseguenze della mia filosofia applicata alla lettera!
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