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Forneria Nonna Mirella

Puoi spegnere una candela, ma non puoi spegnere un fuoco: quando la fiamma inizia ad attecchire, il vento la farà aumentare.”

Peter Gabriel

 

Cosa serve per produrre ottimi biscotti?

Sulla base della mia esperienza, ridotta a fallimentari e maldestri tentativi di mescolare insieme ingredienti a caso, ero convinto che la ricetta fosse molto semplice: basta unire farina, uova, burro e poco altro.

Poi ho conosciuto Federico, sua moglie Valentina, Nonna Mirella, e ho cambiato idea.

Federico è un giovane ingegnere, ex manager di una multinazionale, un anno fa contrae il Covid; nello stesso periodo, durante il ricovero in ospedale, perde il padre a causa del virus.

“… E’ stata una prova che ci ha messo con le spalle al muro; tutti i cambiamenti decisi fino a quel momento nascevano da scelte molto consapevoli, ma al Covid non eravamo pronti, si è portato via mio padre, ci ha smembrato come famiglia: tutto quello che avevamo costruito negli anni è stato improvvisamente smantellato, e ci siamo trovati con i pezzi da rimettere insieme …”.

Federico capisce che la pausa globale imposta dalla pandemia racchiude un’opportunità: indica la via da seguire, chiede di cambiare, di pensare al futuro, a partire dalla velocità. Perché per evitare di perdersi è necessario rallentare, che non significa rinunciare a vivere, ma rispettare i limiti di sopportazione del pianeta. Non rallentare astenendosi da ogni piacere, ma imparare a godersela ad un’altra velocità.

E così, semplicemente, Federico e Valentina cambiano vita, decidono di produrre biscotti nella cucina di casa, perché “… siamo molto bravi a fare le cose, cioè a metterci in testa un progetto e a portarlo avanti, e questa è un po’ la caratteristica di tutte le coppie che funzionano. Diciamo che l’amore si trasforma col passare del tempo, ma quello che rimane è la complicità legata a come si può stare insieme e costruire; abbiamo affrontato tanti progetti insieme, da quelli più normali di avere una famiglia, ai figli, a cambiare città per lavoro, abbiamo cambiato tanti lavori, però siamo riusciti sempre a cavarcela e a vivere e costruire la nostra vita come volevamo noi…”.

Nasce la Forneria di Nonna Mirella, un’altra vita, come una canzone bella: le canzoni, tutte le canzoni, hanno una particolare magia, quella di farci vivere un’altra realtà. Ci fanno viaggiare nel tempo e nello spazio, ci portano fuori da noi stessi, ci fanno vedere la realtà con altri occhi, provare emozioni in maniera più profonda, ci divertono, ci fanno soffrire, ci parlano, ci fanno compagnia, e funzionano sempre. Ci permettono di vivere una realtà “stupefacente” della quale abbiamo tutti, sempre e comunque, bisogno.

Incontro Federico in “video”, mentre è in auto, Valentina alla guida, e il colloquio mi fa entrare nei suoi pensieri, e mi rivela le sue ricette dell’anima. Arrivo alla fine del nostro incontro virtuale quasi col fiatone, perché è racconto che si interrompe malvolentieri, perché è confidenza che solletica e conquista: sagace e divertita, nel suo incedere da “flusso di coscienza”, ma con la punteggiatura dettata dalla vita.

Un percorso a ritroso, una cottura alla rovescia, dal buon odore di mandorle e arance dei biscotti appena sfornati alla professione lasciata senza rimpianto (“… ho lasciato un’azienda di 1300 dipendenti, sono rimasto allibito da quante persone mi hanno detto “Hai fatto quello che io da una vita sogno di fare…” E questa frase mi ha gelato, perché penso a quante persone infelici ci sono nella vita: bisogna proprio pensare ad una svolta …”) alla curiosità e agli stimoli che hanno trasformato un ingegnere in un artigiano del forno.

È scintillante la visione di Federico e Valentina, l’etica della vita e della loro pasticceria pop, delle piccole cose fatte con grande cura, dell’ordine un po’ esoterico e molto ironico delle loro classificazioni, delle loro personalissime percezioni sensoriali “… per quanto riguarda la vista, usiamo materie con colori e forme completamente diversi e nuovi rispetto al mio lavoro precedente. E la luce?  Il laboratorio ha una luce la mattina che entra in maniera tagliente, la farina che vola dall’impastatrice quando impasti, questo pulviscolo bianco di farina che è un’immagine molto bella da vedere, dà un senso di serenità, perché sembra che si stia costruendo qualcosa proprio mentre lo fai…”.

Img_2_ForneriaValentina Nastasi e Federico Massimi

Con sincerità ed entusiasmo nel corso del colloquio Federico enumera i personali e vincenti ingredienti nel piatto della vita, dalle suggestioni musicali, folgoranti (“… la cucina per me ha molti legami sia con il mio trascorso ingegneristico, sia con la musica: per me alcuni ingredienti sono come gli strumenti musicali, la farina è il basso, l’uovo è la batteria, ci sono tante parti che vanno miscelate bene insieme per creare una melodia anche nella cucina. La cucina è un’arte che mi affascina probabilmente perché ci ritrovo molti aspetti delle mie capacità, insomma in altre arti, come la musica e l’ingegneria …”) ai ricordi familiari legati a Nonna Mirella (“… mia madre cucina da tutta la vita perché sa fare solo quello, incarna un atteggiamento di ospitalità tipica, di persone semplici, mia madre ha la quinta elementare, non ha fatto altro nella vita che cucinare per mio padre e per noi. Tutto questo messo insieme ha creato l’idea della “forneria di nonna Mirella”, di nonna proprio perché per i nostri figli quando arriva nonna e porta i biscotti o il ciambellone, per loro è come la lupa che nutre i suoi figli …”) ad un tessuto di riflessioni filosofiche cariche di passione (“…  e poi ti ritrovi in un letto di ospedale e ti rendi conto che quello che ti interessa di più non è il titolo su Linkedin, ma è tuo figlio, tua moglie e i tuoi affetti; c’è proprio un istinto atavico, come dire che, se un uomo viene messo a nudo, quello che viene fuori è capire cosa è veramente importante per lui …”).

Img_1_Forneria

Nonna Mirella

Una lectio magistralis che mi rimane impressa, sull’ingrediente dell’amore: la sapidità che l’amore è in grado di trasmettere ai cibi, ancor più quando punto di incontro fra estro e semplicità, non ha confronti. Qualunque spezia, qualunque tocco segreto impallidisce al confronto.

Amore unico ingrediente quindi? Sul sito della Forneria di Nonna Mirella sono ben evidenti anche altri elementi del successo di questa impresa familiare, per esempio la passione e il coraggio.

Ascoltando Federico capisco che la passione è una parola e come tutte le parole, se non la metti in pratica resta un contenitore vuoto e insignificante. Si intuisce che ha più dimestichezza col fare che col dire, e la passione l’ha sempre prima conosciuta e frequentata, e poi, casomai, pronunciata.

La fotografia, i Genesis, la batteria, i Pink Floyd, i rapporti umani, l’organizzazione della Forneria, se oggi Federico facesse un bilancio della sua vita scriverebbe tutto sotto la voce “anni appassionati”, comunque siano andati. E c’è solo un modo per spiegarlo, credo che un po’ assomigli all’amore. Voglio dire che si è sempre sentito sé stesso, su qualsiasi campo, sempre lui, Federico.

E che, con le dovute modifiche e gli arricchimenti ricevuti lungo la strada, si è sentito uno, sempre quello. E che dentro si è sentito unito e non diviso. I grandi del pensiero, quelli che hanno dimestichezza anche col dire, la chiamano “anima unificata”. Io la traduco, semplicemente, così: ha sempre detto quel che pensava, ha sempre fatto quel diceva.

Fortunato, penserà qualcuno. Anche fortunato, penso io. Per essere “unificato”, però, non credo basti la fortuna, penso che ci voglia anche il coraggio. Quello di stare su una strada che hai ricevuto in dono da chi l’ha percorsa prima di te, e di abbandonarla solo quando sai di avere la forza e la capacità di disegnarne una tua, nuova e sicura per te e per quelli che ci cammineranno sopra insieme a te.

Insomma, per sentirsi uno, e non nessuno o centomila, ha dovuto appassionarsi a quello che faceva, essere sempre presente. Sempre sul pezzo.

Armonizzare, unificare, equilibrare, possono essere parole vuote e insignificanti se non le hai vissute prima di pronunciarle. Se non le hai mescolate con le mani e amalgamate con il cuore prima di offrirle agli altri.

L’idea di impresa (perchè l’idea imprenditoriale c’è, ed è pure molto forte) sta tutta qua: “…creiamo un’attività nel quartiere, nel vicinato, che permetta alle persone di comprare un prodotto genuino, sapendo chi lo produce, conoscendo le facce, i nomi e i cognomi di chi lo fa. L’idea visionaria è quella di sdoganare il concetto che un biscotto si può produrre anche a casa e non soltanto in un’industria; quindi ho coniato un termine, un inglesismo, Smart Industry non soltanto Smart Working. E da qui l’idea è creare un network di fornerie per l’Italia facendo in maniera che in ogni città d’Italia possa esserci una forneria che produce biscotti secondo il nostro know how, il concetto è garantire la qualità attraverso i processi …”.

Federico è un semplice, un curioso, un entusiasta. E se si esclude il mio piacere di giocare con parole che suonano bene, Federico è davvero così. Non nel senso di sprovveduto, ingenuo e incosciente, s’intende, casomai di pragmatico, visionario e libero. Soprattutto libero. Non di fare quello che vuole, ma di fare quello che è.

Arrivato alle ultime battute della nostra chiacchierata, penso che a guardare bene dietro le parole c’è davvero una bella storia.

Da raccontare.

Mi piacerebbe raccontarla ai bambini con tanto di eroe, e relativo viaggio dell’eroe, e di biscotti che fanno sorridere le principesse che non ridono più, e un sacco d’altre romanticherie che in sintesi vogliono significare “la sostanza è ottima”.

Mi aspetto che un giorno o l’altro Federico scriva un libro sulla “bellezza”, quella che lui dice di cercare in continuazione, con intransigenza, e di trovare in un viaggio, in un piatto di carbonara, in una foto che racconta.

Mi aspetto che il libro sia piccolo e agile, e che racconti come i biscotti della Forneria di Nonna Mirella e il suo modo di intendere la cucina siano legati a un modo di vivere.

Preciso preciso.

Già. In fondo l’ho pensato appena Federico ha concluso la sua narrazione, definendosi un Forrest Gump che corre, con persone che gli chiedono come e perché è riuscito a cambiare così radicalmente la sua vita.

E mi aspetto che il libro di Federico odori dei prodotti che tanto ama “fatti veramente con tanta passione e con genuinità, perché abbiamo scelto materie prime ricercatissime e costose, così da farli diventare un’eccellenza della cucina italiana  …”

Insomma, tutte quelle cose lì si chiamano valori.

Si tratterebbe di tradurre il pensiero di uno che sminuzza, impasta, amalgama, manteca, inforna, insomma uno che le mani in pasta ha deciso di metterle per fare qualcosa di buono.

Il cibo è spensieratezza e riflessione. Un biscotto è armonia ed equilibrio di contrasti.

Come in un coro, dove le voci sono tante e nello stesso tempo una sola. E dove c’è, è vero, una voce che prevale sulle altre. Prevale, non prevarica. Perché una buona musica ci impegna in un ascolto attento, ma lo fa in modo lieve. Così come un buon piatto chiama a raccolta tutti i nostri sensi, ma lo fa in modo piacevole e senza che un ingrediente sovrasti l’altro.

Mi aspetto che nella prefazione del libro di Federico trovi posto una citazione di Phil Collins:

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