Il profumo del Natale non è un’essenza vera e propria. È un’entità che si materializza. Non tutti gli adulti la percepiscono, ma ogni bambino l’avverte, in maniera inversamente proporzionale all’età.
Lei conosceva quell’odore speciale .
Molto tempo prima del Natale lo avvertiva sulla pelle di sua nonna e sapeva con certezza che sarebbe arrivato. Sua nonna non avrebbe mai consentito al Natale di non avere quel profumo speciale. Sono granitiche le certezze dei bimbi, fedi incrollabili e, per questo, magiche. E sua nonna, per lei, era la Magia, quella di ogni stagione.
L’inverno era quella dell’abbraccio sul divano e non vi era problema che non trovasse, dentro quel morbido cuscino, una soluzione.
Il Natale vedeva trasformarsi in supermanager quella paciosa matriarca.
Le sue mani dalle dita bianche di farina, buffetti di cioccolato sul naso di sua figlia, ciocche spolverate di zucchero a velo sui capelli delle nuore. Alacri lavori in quella cucina. Sughi a brontolare, torroni ad essiccare al freddo non freddo degli inverni del sud.
La grande giara di ceramica verde con puntini bianchi con il ripieno di fichi secchi, bucce d’ arancia, vino cotto , cioccolato, per fare i petrali.
E il profumo del Natale che penetrava dentro i bambini a godere dell’ attesa dello stare insieme.
Una musica la padella a friggere, un teatro le mille voci, adulte e bambine, a fare caciara , a divenire canto di Natale in quel grande senso dell’affetto che non si ostenta, si vive.
E la tradizione. La loro tradizione. Quella dei tre alberi di Natale a unire per sempre tre famiglie.
La notte di Vigilia,prima della messa della nascita, in qualsiasi tempo e con qualsiasi condizione meteo, il pellegrinaggio ai tre alberi delle rispettive case.
Si iniziava con quello della nonna. Piccolo, luminoso a proteggere un presepe che stava tutto dentro il palmo di una mano. E iniziava il rito. Un pacchetto per ciascuno, adulto o bambino. Magia dei nomi pronunciati con amore.
Imbacuccati si proseguiva verso casa dello zio, salendo le scale, trepidanti per l’emozione dell’attesa dei doni. A prescindere dai doni.
Il primo regalo era sempre per la nonna. Quel grembiule che avrebbe usato l’anno dopo, rigorosamente con le grandi tasche, perché dentro vi era il grande cuore di una donna meravigliosa.
Si concludeva la marcia di Natale a casa della sua famiglia. Occorreva attraversare la strada. Ogni premura per la vecchina che era il loro gioiello affinché non prendesse freddo, ma che mai avrebbe rinunciato alla gioia di scartare il suo regalo,mentre i bimbi e i ragazzi , impazienti, correvano allegri.
La collana, diversa ogni vigilia di Natale, brillava fra le dita incartapecorite dagli anni. Ma in ogni Natale avrebbe sfoggiato al collo, sopra i suoi maglioncini e la mantellina di lana, i colori che le facevano brillare lo sguardo.
Anche quel Natale in cui la banca aveva sottratto tutto ciò che possedevano a quelle famiglie, il rito dei tre alberi non era venuto meno.
Non friggeva la padella e i dolci non imbandivano la tavola. Ma il riso dei bimbi era uguale a quello degli anni trascorsi. Anche il sorriso della nonna a guardarli brillava come sempre e,come sempre, scaldava.
Quell’ anno solo abbracci sotto i tre alberi. Ogni abbraccio con un nome.
Fu il Natale in cui il profumo si avvertí con maggiore intensità. Dentro quegli abbracci si scoprì tutta la forza dell’amore di una famiglia che si propagò a tutti, grandi e piccini.
Nel rito dei tre alberi, nella blasfemía di un gesto, tutta la religiosità del Natale.
PS: anche le banche piangono. E quella, negli anni a venire, pianse parecchio. L’amore di una famiglia vinse il sopruso e lavò l’onta di una dignità calpestata ma mai domata.
Foto di Marina Neri
I tre alberi di Natale
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