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Il diario di Ana

Lisa corre, corre lungo la strada deserta.
Sta tornando nel suo appartamento, al terzo piano senza ascensore, nella grande città. Dove tutto è anonimo, impersonale, dove nessuno può ferirla. Nessuno la conosce, e se vuole può scomparire.
Il cielo è plumbeo, non promette bene.
Cominciano la pioggia, il vento, la grandine, e lei si ferma.
Piange, da sola in una vettura che non è sua, in una vita che non è la sua, perché non è quella in cui aveva sperato.
– Cosa stai facendo, Lisa?
– Sto leggendo.
– Cosa stai pensando, Lisa?
– Agli alberi del bosco.
– Diventeremo grandi, Lisa?
– Molto presto, Ana.
Diventare grandi, insieme, Lisa e Ana, Ana e Lisa.
Lisa esce dall’auto, per bagnarsi e purificarsi, di un peccato non voluto, di una colpa che non dà tregua.
Il diario nella mano, che lei le ha lasciato. Un diario di promesse sfumate, di desideri non raccolti dal destino, di un’anima in fuga da se stessa.
– Dove andremo, Lisa?
– In una grande città.
– Staremo insieme, Lisa?
– Per sempre.
Ana guardava sempre il cielo, davanti alla finestra, in attesa.
Ana non mangiava.
Lisa tratteneva il dolore, sorrideva e portava Ana tra gli alberi.
Lisa la teneva per mano, stretta, perché non volasse col vento.
– Dove stai andando, Ana?
– Gli uccellini mi chiamano, Lisa.
Lisa e Ana, Ana e Lisa.

Immagine dal Web

Pubblicato inDonne

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