dallo scritto Suonn’ e Realtà di mio padre Gennaro Viglietti.
Era da poco passato mezzogiorno nella Chiesa della Madonna della Catena a Santa Lucia, a Napoli, quando il prete finito di officiare la Messa si diresse verso la sagrestia.
Il sagrestano si avviò verso il portone della Chiesa per chiuderlo, quando alle sue orecchie arrivarono grida e parole concitate provenire dalla via sottostante, Via Santa Lucia.
Affrettò il passo: da quando avevano istituito gli uffici della Regione proprio lì, quasi davanti alla Chiesa, non passava giorno senza una qualche manifestazione condita da tafferugli, urla e parapiglia. Chiuse rapidamente il pesante portone che cigolò sui cardini ormai consunti.
Mentre era ancora accanto al portone, ormai chiuso, il suo sguardo fu attratto dal pulviscolo che luminoso e fantasmagorico fluttuava nel raggio solare che attraversava la grande vetrata della Chiesa.
la Chiesa della Madonna della Catena, inizio ‘900 (Foto da Paola Scalvini da Napoli Sparita)
Fu in quel preciso momento che, proveniente dal lato opposto e precisamente a sinistra dell’altare maggiore, sentì distintamente una voce strana, non proprio naturale, che ad alto volume diceva:
“ma che succede? Si può sapere? Qui non c’è più pace: ma la gente è forse impazzita? Corpo di mille bombarde, ma è forse scoppiata un’altra guerra?!”
Il povero sagrestano rimase di stucco. Più morto che vivo, si chiese di chi potesse essere quella voce: in Chiesa si trovava solo lui, il prete era in sagrestia e poi certamente quella non era la sua voce…
Passarono pochi secondi e la voce si fece sentire di nuovo con toni ancora più alti e più accesi:
“ma io piuttosto mi faccio trasferire altrove, ora basta! la mia pazienza ha un limite. Ringrazierò ancora una volta i vecchi pescatori luciani per avermi tenuto vicino a loro, chiamerò chi di dovere, così finirà questa storia e potrò ritornare a dormire in pace.”
Il sagrestano sempre più impaurito fece qualche passo verso l’altare quando dalla penombra della navata sinistra apparve in trasparenza, prendendo in pochi attimi consistenza, la figura maestosa e nobile di un uomo in divisa da ufficiale della marina napoletana. La mano sinistra stringeva l’elsa dorata della spada mentre la destra all’altezza del petto reggeva una feluca con i gradi di ammiraglio che volutamente era tenuta in modo da coprire le numerose decorazioni. Tutta la divisa era ben tenuta e le frange dorate delle spalline, illuminate dalla candele accese, emanavano un luccichio che contribuiva a dare un aspetto marziale alla misteriosa figura.
l’Ammiraglio Francesco Caracciolo
Di fronte a questa apparizione il povero sagrestano rimase paralizzato, un brivido gelido gli percorse la schiena: si fece il segno della croce con tutta la fede che aveva nell’animo
A quella vista l’Ammiraglio cambiando il tono di voce lo interloquì:
“perché mai buonuomo ti sei segnato? sono forse un santo? semmai mi volessi fare un segno di ossequio potresti metterti sull’attenti….ma lascia stare non conviene a nessuno di noi due”
Queste parole dette con un tono dolce rincuorarono il sagrestano, il quale prese coraggio, deglutì e timidamente domandò:
“Signò ma vui chi site?”
A questa domanda la misteriosa figura ebbe un moto di stizza ben controllato: le parole innocentemente dette dal sagrestano lo avevano colpito. Possibile che quell’uomo non avesse riconosciuto lui, l’Ammiraglio Francesco Caracciolo, colui che aveva puntato i cannoni della modestissima flotta della Repubblica Partenopea contro il futuro vincitore della battaglia di Trafalgar, il comandante della potentissima flotta inglese, l’ammiraglio Orazio Nelson?
Alcuni attimi di silenzio, più di rimprovero che di altro e poi Caracciolo riprese:
“ma è possibile che da un pò di tempo tutti i santi giorni si debba sentire tutta questa ammoina°?”
Il sagrestano al cospetto di cotanta autorità si abbottonò al meglio la giacca, si strinse il nodo alla cravatta ed esordì:
“signor capità. Che ve posse ricere, nun è certamente colpa mia”
“siente nu’ poco guagliò, tengo a precisarti che hai l’onore e il piacere di parlare con un ammiraglio e non con un ufficiale di grado inferiore” sottolineò Caracciolo.
“eccellè – rispose mortificato il sagrestano – io di queste cose militari non me ne intendo: alla visita militare fui riformato per insufficienza toracica, di gradi pirciò nun nè capisco.”
“capisco e scuso la tua ignoranza, ma non posso fare altrettanto con gli autori di tutto questo chiasso. Ho capito che sei un brav’uomo e ti voglio fare alcune domande. Per ragioni che non posso esporti manco da qui da molti anni. L’ultima volta che mi potei affacciare da qui, dall’alto delle scale della Chiesa io vedevo il mare e le barche dei pescatori che tiravano le reti.
Dimmi: ci sono ancora lungo la banchina gli ostricari? mi ricordo che nell’aria si diffondeva il profumo delle alghe marine, che facevano da letto ai frutti di mare esposti, tra cui spiccavano le piccole e saporitissime ostriche pescate sui bassi fondali del Castel dell’Ovo che per il loro profumo delicato potevano competere con quelle di Ostenda o di qualsiasi altro paese.
Ostricari fine ‘800 a Santa Lucia (foto da Paola Scalvini da Napoli Sparita)
E fammi sentire: esistono ancora quei venditori di quell’acqua sulfurea che sgorgava copiosa dalla fonte in Via Chiatamone? mi ricordo che era molto digestiva, se bevuta con succo di limone e si diceva che facesse bene addirittura alle donne ritenute sterili.
sorgente acqua sulfurea al Chiatamone fine 800 (foto da Paola Scalvini, Napoli Sparita)
E si festeggia ancora quella festa, non quella di Piedigrotta, no… quell’altra: quella che i luciani festeggiavano, mi sembra verso la fine dell’estate in omaggio ai Borboni, si quella che, adesso ricordo, si chiamava la Festa della N’Zegna?
Ma non comprendo il tuo silenzio buon’uomo, eppure ti ho rivolto domande molto semplici”
da Napoli Sparita, Paola Scalvini: La Festa della N’Zegna per le scale del Pallonetto (1930)
Il sagrestano ripigliando fiato cominciò a rispondere:
“Durante la vostra assenza molte cose sono cambiate. Il mare non si vede più da Santa Lucia, i banchi degli ostricari hanno fatto posto ad alberghi e palazzi, tra questi il Palazzo della Regione forse colpevole involontario del baccano che vi ha disturbato.
L’acqua suffregna°° di cui mi avete domandato ci pensò il colera a toglierla di mezzo. A Festa da N’Zegna? Quella non si festeggia più da molti anni, per certe ragioni, non sarebbe più adatta ai tempi di oggi.
Cà e tiempe so’ cagnate, o’ prugresso è na cosa grossa assaie, eppure molto importante e nicissaria, c’a dinte e libre sta scritto ‘civiltà’. Io non saccio leggere nè scrivere, song’alfabeta, ma però tutte chesti cose a cierta gente l’ha fatte perdere a semplicità e felicità.
Ma addò stanno cchiù o’ piscatore, l’ustricare, l’acquaiolo, addò stanno cchiù tutta chella gente semplice e timorata e Dio do quartiere, che a sera, nsieme ei figli, primma e se ì a durmì, se venivano a piglià a santa benedizione dint’à chiesa nosta?!
Ormai è acqua passata, mò a gente cò prugresso e a civiltà, per necessità, ha dovuto cagnà mestiere e attività.
però na’ sola cosa è certa, e necessità e stù popolo so sempre li stesse. E prubleme so tante, tutti promettono e nisciuno mantene. Ma e prumesse non sono pane, e figli nun vonne sapè ragione. Eccellè..e chiacchiere nun fanno cumpanatiche.”
L’Ammiraglio dopo aver ascoltato le risposte, chinò la testa amareggiato e con un’espressione di disappunto sul viso, così come era apparso, si dissolse nel nulla.
Il sagrestano rimase immobile: capì che le sue risposte, che rispecchiavano la realtà, avevano addolorato l’Ammiraglio.
Una mano sulla spalla lo fece sobbalzare. Era il prete: “Aniello come mai stavi dormendo? forse stanotte non hai dormito?” chiese sorridente il prete.
E il sagrestano esitò. E cominciò a chiedersi: “ma che succede? prima l’Ammiraglio e adesso il prete: sogno o son desto?”
E poi tutto gli fu chiaro: la panca, la stanchezza, il lieve torpore e poi, nel sonno, un sogno.
Farfugliando parole di giustificazione, Aniello si avvicinò alla lapide dietro cui erano racchiuse le spoglie dell’Ammiraglio Francesco Caracciolo. Si inginocchiò, si fece il segno della croce e, mentre una lacrima gli rigava il viso, recitò una preghiera in suffragio dell’ammiraglio.
Ma assorto com’era non si accorse che proprio ai suoi piedi scintillavano alcune squame dorate.
° ammoina = baccano
°° suffregna: sulfurea
Un acquarello napoletano che trasmette un po’ di nostalgia per una vecchia Napoli. Città amata anche da chi se ne sente parte senza esserci nata!