OPERA IN CONCORSO
Il mio letto di Marina Neri
Dormire in ospedale. In realtà non si dorme, anche con gli occhi chiusi si attende. Un’attesa “passiva” ma che non abdica all’essere vigili, cultori strenui del motto “finché c’è vita c’è speranza”. Il dormire è altro, è abbandono docile a Morfeo, è chiudere il sipario degli occhi sul mondo e aprirlo ai sogni, recitando, finalmente, a soggetto, senza i retaggi del vivere quotidiano. In guerra non si può dormire, e l’ospedale è l’avamposto del fronte più esposto. Si combatte e quando si è stremati si chiudono semplicemente gli occhi pregando che quella spossatezza passi o liberi totalmente e definitivamente. Anche il letto d’ospedale ubbidisce a un ordine preciso: “comodo ma non troppo, morbido ma non troppo, funzionale ma distaccato, nessuno può sentirlo realmente suo.” In quei giorni io l’ho percepito come un impettito colonnello dentro la sua divisa, a fare il suo dovere ubbidiente alle ragioni di Stato, senza empatia, privo di commozione e avulso da ogni partecipazione.
Così, appena sono tornata a casa dopo l’intervento, dolorante e confusa ma convinta sostenitrice dell’affetto che cura e salva, ho tirato fuori dall’armadio la valigia con le mie lenzuola più belle, quelle che le mani di mia madre hanno reso immortali e preziose coi ricami del suo tempo bambino, e le ho stese con amore sul mio letto. Passandole prima sul viso, poi sul mio corpo a volere dare ad esse un effetto taumaturgico sulle ferite fisiche e dell’anima. Ho guardato il mio letto splendente nella sua nuova beltà di seta, nel suo profumo accogliente. Lui che ha custodito il mio corpo di vergine insicura, di donna dal ventre pieno di vita, di madre gioiosa e giocosa, di essere umano desideroso di tornare al suo luogo del cuore: il mio letto, con la mia forma impressa sul materasso e l’odore della mia pelle ad impregnarlo.
Ho abbracciato il cuscino e ho detto alla Vita: – domani, domani tornerò… Adesso il mio verbo è “dormire”, cedere alle lusinghe di Morfeo-
Ho chiuso gli occhi e anche la guerra contro la malattia, dentro il mio letto, era solo un ricordo lontano.
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