Quella mattina mi svegliai infastidita.
Un suono di clacson continuo, insistente, mi fece innervosire non poco.
Cercai di capire da dove provenisse poi cessò di colpo e, immediatamente iniziarono le voci. Voci concitate di più persone provenivano dal giardino accanto al mio, la sirena di un’ambulanza sovrastò tutto e parcheggiò nella via accanto al mio cancello. Mio marito era già lì. Fu lui che m’informò di quanto era accaduto.
Il mio vicino si era accasciato, in seguito a un malore, sullo sterzo e, disperatamente cercava aiuto.
Mi colpì il gesto che un soccorritore della croce rossa mi fece intanto che lo adagiavano in barella. Scosse la testa in un chiaro no. Pensai subito alla mia amica, la moglie di Franco, la coppia che abitava accanto. Corsi da lei e la trovai in uno stato confusionale. A fatica riuscì a mettersi le scarpe poi la accompagnai in ospedale. Franco era stato rianimato più volte ma era morto senza possibilità di recupero. L’infarto non gli aveva lasciato scampo Quello che accadde dopo è prevedibile, lei, figlia unica si ritrovò sola e disperata. Furono i vicini che l’aiutarono, una squadra di persone perbene fecero quello che andava fatto e facemmo a turno per non lasciarla sola.
La sua solitudine mi toccò profondamente e pensai di organizzare un incontro con i miei vicini per sostenerla in quei momenti di dolore. Ci organizzammo per mansioni. Io le preparavo la colazione, Donè il pranzo, Marcella la cena. Non la lasciammo mai da sola.
Quando lei ebbe metabolizzato la perdita e si dichiarò pronta a riprendere il lavoro, io e lei facemmo un patto d’amicizia, ridendo, lo chiamammo “ il patto della caffettiera e dei biscotti. “
Tutte le mattine io preparo il caffè e apparecchio la tavola e facciamo colazione assieme, è bello avere qualcuno con cui parlare, ridere e qualche volta anche piangere.
A.S
Il patto
Pubblicato inDonne
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