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Il Principe di Galles

 

Mia moglie si chiama Giulia ma non so per quale oscuro motivo è conosciuta
come Silvana ed io come tale la sposai. Rappresenta un pò il mio “spirito di
contraddizione”, se dico “uno” lei risponde “cento”.

Ma quel giorno, dopo mesi di inutili preghiere, accettò di accompagnarmi in un negozio di abiti pronti per acquistare il tanto sognato, agognato Principe di Galles ormai diventato leggenda.

Detto, fatto …ed adesso sono qui prigioniero di questa cabina stretta, calda, asfissiante.
Penso che stamattina ho messo le scarpe basse per cui il pantalone scende a precipizio
e si ingoia i piedi mentre le mani sono già scomparse in un simil labirinto di giacca
vagamente somigliante ad un quasi Principe di Galles.

Sudo e sbuffo. I capelli sono grondaie. Mi sento leggermente fuori posto.

Dall’esterno reclamano la mia presenza.

Il momento è tragico, già prevedo i commenti e sopratutto le pesanti critiche.

Esco, mi sento impacciato. Guardo con disinvoltura la commessa che deglutisce e mi
guarda compassionevole. Giulia accenna ad un provocatorio sorriso e finalmente
emette la sentenza, inappellabile : “Sei ridicolo”.

La commessa fa l’esperta ed è certa che lavandolo un po si restringe, se invece la stoffa tiene basterebbe una tagliatina e si accorcerebbe un pò qua, e qua, e qua. Con una punta di mestierante pietismo mi dice con un ammiccante sorrisetto che il colore del vestito si intona
perfettamente con i miei “candidi capelli”.

Potrei rudemente reagire, subisco. Non replico è chiaro per tutti che i miei capelli più che candidi sono decisamente bianchi considerata l’età avanzata.

A questo punto potrei perfino mettermi vergognosamente a piangere.

Guardo con rassegnazione gli altri clienti ed ho la sensazione fondata che siano venuti tutti al solo scopo di vedermi in questa umiliante posizione alla completa mercé di una commessa ansiosa e di una moglie insoddisfatta.

Giulia, mia moglie, volendo essere collaborativa mi spinge a dare qualche passettino in avanti e due passettini all’indietro. Assumo un certo decoro ed accenno ad un leggero passo di danza, una discreta, incresciosa, volatile morte del cigno. Il cavallo del pantalone ondeggia mentre la giacca sfugge con disinvoltura a tutte le leggi della fisica copernicana. Sono esausto, disfatto e moderatamente umiliato.

Decido, sul solo piede libero, di non entrare mai più in un negozio dove espongono in vetrina un qualsivoglia Principe di Galles, che tutto sommato mi sta maluccio, che sono decisamente repubblicano e che forse ci deve essere del marcio in Danimarca.

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