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Isabel dell’anima nostra

«Iniziamo a invecchiare nel momento in cui nasciamo, cambiamo giorno dopo giorno, la vita è un continuo fluire. Ci evolviamo. L’unica cosa diversa è che adesso siamo un po’ più vicini alla morte. E cosa c’è di male in questo? L’amore e l’amicizia non invecchiano».

Isabel Allende Llona è sempre una garanzia: per gli editori di mezzo mondo in primis e per i milioni di aficionados mai desaparecidos.

Nata il 2 agosto del 1942, peruviana di nascita, cresciuta in Cile, stabilitasi poi in Venezuela ed infine negli Stati Uniti, la nota scrittrice concepisce se stessa come il frutto di differenti culture e tale peculiarità si riflette nei suoi romanzi che vedono affascinanti protagoniste dalle molteplici nazionalità distinguersi per i loro tratti unici e irripetibili.

È talmente affermata, la Allende, che si può permettere vezzi consuetudinari come quello di iniziare un nuovo libro sempre l’8 di gennaio, abitudine cabalistica in linea con le sue visioni notturne, i sogni premonitori, la magia e l’immaginazione che caratterizzano la sua essenza: racconti familiari magico-realistici, con cui ha cavalcato per decenni la narrativa internazionale.

L’opera di Isabel Allende, è intrisa di rimpianti e malinconie, anche se stemperati da indimenticabili pagine di sottile umorismo, di gioia di vivere mista al desiderio di riscattare la propria esistenza, spesso accompagnata da fughe in un mondo irreale, per attenuare la durezza di un’ opprimente realtà in cui, bene o male, tutti ci troviamo costretti a muoverci.

Nei romanzi della Allende si sono, da sempre, intersecate mirabilmente vite, racconti e personaggi con frequenti ritorni al passato e anticipazioni che, al contrario di quel che si può pensare, consentono di immergersi in una sorta di temporalità quasi astratta.

Via, via che scorrono le pagine, il lettore viaggia da un paese all’altro, conosce generazioni diverse e incontra numerosi personaggi, tutti ben caratterizzati, anche quando si tratta di figure marginali.

Descrizioni particolareggiate, umorismo ed empatia, condizione della donna, valore della memoria per evitare di dimenticare; questi sono i temi ricorrenti della narrativa di Isabel Allende.

La sua opera viene identificata con il Post-Boom, una corrente letteraria latinoamericana che prende vita dal modernismo e si distingue per le tematiche politiche, gli approfondimenti storici e culturali trattati attraverso una prosa semplice: poi, però, nel suo modo di scrivere, il realismo si fonde con la rappresentazione di episodi soprannaturali. La straordinarietà sta nel fatto che questi episodi, a volte anche un po’ macabri, sono osservati e descritti con lo sguardo distaccato di chi è abituato a certe visioni e non vi avverte nulla di straordinario (come accade nel suo romanzo più noto, La casa degli spiriti).

Nonostante Isabel abbia iniziato a scrivere quasi per caso, si è subito imposta nel panorama letterario per quello stile magico che riesce ad ammaliare i suoi lettori.

Le protagoniste dei suoi romanzi sono quasi sempre donne accomunate da un’enorme forza interiore, tale da riuscire a far loro affrontare e sopraffare un destino avverso; donne umili e audaci che riescono ad avere la meglio sulla vita e che contribuiscono a scrivere la storia del subcontinente cileno, segnato da una profonda sofferenza, noto al resto del mondo, solamente per le dittature e l’alta corruzione.

Dunque, grazie alla sua opera, il mondo ha potuto conoscere la sofferenza vissuta da questo popolo e riflettere sulla condizione della donna: scrittrice e donna straordinaria lei stessa, Isabel Allende ha voluto condividere le sue esperienze di vita con noi lettori, aprendo, senza remore, il suo cuore e la sua anima.

Oggi, in occasione del suo compleanno, ci piace ricordarla come lei stessa si identifica in un’intervista, rilasciata qualche tempo fa.

«La scrittura è per me un tentativo disperato di preservare la memoria. Sono un’eterna vagabonda e sul mio cammino restano i ricordi, come brandelli strappati al mio vestito. Scrivo perché l’oblio non mi vinca e per nutrire le mie radici, che ormai non affondano in nessun luogo geografico, ma solo nella memoria e nei libri che ho scritto. Spesso, mentre cerco l’ispirazione davanti a una pagina bianca, chiudo gli occhi per un istante e ritorno nella cucina della casa in cui sono cresciuta e alle straordinarie donne che mi hanno allevata (…). La scrittura non è fine a se stessa, ma è un mezzo per comunicare. Che cos’è un libro prima che qualcuno lo apra e lo legga? Solo un insieme di fogli incollati da un lato… sono i lettori a infondergli un alito di vita. Nel migliore dei casi la letteratura cerca di dare voce a chi non ce l’ha o a chi è stato messo a tacere, ma quando scrivo mi impongo il compito di non rappresentare nessuno, di non trascendere, di non dare un messaggio o spiegare i misteri dell’universo, semplicemente cerco di raccontare, usando il tono di una conversazione intima. Non ho risposte, solo domande, sempre le stesse domande che, come fantasmi, mi assillano. La scrittura è un lavoro lento, silenzioso e solitario. Ogni libro è un messaggio racchiuso in una bottiglia e lanciato in mare; non so su quali spiagge approderà, né in quali mani cadrà. Scrivo alla cieca ed è sempre una stupenda sorpresa ricevere lettere o abbracci da lettori entusiasti, significa che qualcuno ha letto le mie pagine, che non le ha inghiottite il mare».

Pubblicato inDonne

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