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La parrucchiera (a’ caperà)

Soprappensiero e con il sonno interrotto a metà in un pigro e assolato giugno.
La testa sul cuscino e i capelli aggrovigliati. Ma dal parrucchiere chi ci va? Ricordo spingevo la porta a vetri e un vapore mi investiva, una fila ordinata di caschi, quasi sempre in funzione. Le signore con la mantellina sulle spalle e i capelli avvvolti nei bigodini. Tutte con la rivista in mano ad aspettare il suono di stop del casco. Le shampiste ai lavatesta erano ragazze che andavano ad imparare cominciando dallo shampoo. La proprietaria era la parrucchiera esperta, eseguiva i tagli, dava istruzioni sui colori e consigliava le clienti per l’esecuzione dei lavori. Una nota di colore : si sa che la capera avendo una clientela variegata , volentieri ascoltava le confidenze di tutte, si stabiliva un’empatia, la cliente parlava liberamente, anche di fatti personali e il gioco era presto fatto. Di bocca in bocca sotto il casco, tra una sforbiciata e l’altra giravano le notizie, i pettegolezzi piccanti, i lo sai cosa ho saputo ieri? E poi c’era il momento fatidico , la decisione del taglio: la cliente come sospesa nella scelta, sfogliava riviste specializzate e confrontava le proposte. Finiva quasi sempre con un”Fai tu” che dava carta bianca all’estro della parrucchiera che si sbizzarriva con le sue forbici. Finito il taglio, arrivava il carrellino pieno di bigodini e becchi d’oca che l’esperta distribuiva sulla chioma della donna a seconda della pettinatura voluta. Era un’architettura precisa che a fine asciugatura sotto il casco, richiedeva di essere smontata è pettinata, modellando i capelli. Alla fine del lavoro si usciva più leggere e bellissime, in una nuvola profumata di lacca tra i complimenti di tutti.

Pubblicato inDonne

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