Chiedetelo ad un folle cos’è la felicità. Guardatelo ridere, urlare, saltare di gioia. Osservate i suoi movimenti confusi, morbidi. Ascoltate i suoi versi senza senso, sillabe che corrono veloci, liberate dalla morsa dei denti.
Chiedetelo ad un bambino cos’è la felicità. La sola parola basterà ad illuminare il suo viso di un sorriso contagioso, intimo. Scrutate nei suoi occhi la profonda bellezza che affiora. Non c’è ombra, non c’è rimorso.
Chiedetegli cosa lo rende felice e vi elencherà una lista interminabile di piccole cose, apparentemente banali, profondamente essenziali.
Non chiedetelo a noi sciocchi. Noi che ci facciamo dominare dalla ragione. Noi segnati dall’esperienza. Per noi la felicità è mutevole, sfuggente, impalpabile. è il riflesso del sole sulle increspature delle nostre onde. Dura il tempo necessario a rincorrerne un’altro, più forte, più abbagliante.
Per noi la felicità è l’ora di pittura tra filosofia e matematica, è quell’ inafferrabile lampo tra il desiderio e il rimorso.
Troppo breve per essere compresa, troppo penetrante per non essere pretesa.
Non chiedetelo a noi sciocchi che passiamo la vita a ricercarla, altrove da noi, nelle cose che diventano, col passare degli anni, sempre più articolate e complesse e abbiamo perso gli strumenti per poterla assaporare. Piccoli bocconi, una volta ogni tanto. Praticamente una carestia.
Che cos’è la felicità?
Sorpresa, amore, tenerezza, bellezza. Novità soprattutto. Veloce e intensa. In definitiva il gelato alla nocciola prima che ti coli sulla maglietta pulita tra pentimenti e imprecazioni.
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