OPERA IN CONCORSO
Ieri sono tornata nel mio luogo del cuore.
Nel luogo dove ho lasciato il cuore. Nel luogo in cui il mio cuore si è spezzato.
Ieri mi sono recata con la stessa solennità di una messa laica, nel luogo del mio Piccolo grande amore.
Era un giorno di fine settembre di venti anni fa.
Per tutti i mesi estivi avevo studiato per prepararmi a quel provino. Spavalda, come può esserlo solo chi, a quell’età, non ha mai fallito. Avevo rinunciato alla leggerezza estiva e mi ero fatta accompagnare da maschere, didascalie in corsivo, personaggi in cerca di interpretazione, e sogni, tirati fuori per l’occasione dal loro cassetto.
Il mio luogo del cuore è una scatola magica, fatta di tre pareti, più una, la quarta, la più bella, eterea, densa. Sin da piccola il mio cuore ha vibrato lì, sul legno caldo del palcoscenico, dove ogni gesto è ricerca, ogni silenzio è significato. Per quell’occasione il mio sogno aveva scelto un luogo da amare, una città lontana, una scuola, la migliore, che mi avrebbe accolto e cresciuto.
Nella mia mente la valigia era già pronta, di quelle vecchie di pelle chiusa da uno spago. La mia immagine riflessa nello specchio del camerino, tra i tanti volti dei grandi attori passati di lì. Sfrontata, infallibile.
Quel giorno di fine settembre di venti anni fa il provino per entrare nella scuola di recitazione del Piccolo Teatro di Milano fu un successo.
O almeno così pensai, mi dissero, sentii.
Mi sbagliai. Nel luogo del mio cuore, il mio cuore, di colpo, precipitò. Con lui andarono in frantumi i successi, il mio bel visino, i miei sogni.
Ci ho messo altrettanta vita per avere il coraggio di guardarlo quel mio cuore rotto, per raccoglierne i pezzi e ricostruirlo con cura.
In ognuna di quelle crepe ho visto una luce. Quel luogo che mi ha spezzato il cuore mi ha fatto scoprire chi sono. Fallibile, imperfetta, umana.
Ieri sono tornata nel mio luogo del cuore e ho sentito il mio cuore colmo della felicità che ho costruito da quei frantumi.
Mi sono seduta dall’altra parte della scatola magica e ho amato, amato quel luogo, amato profondamente la vita.
É proprio vero, come diceva Leonard Cohen “c’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce”. Bisogna però essere capaci di vederla quella luce e tu Sara non solo l’hai vista ma sei stata così generosa da usare quella luce per illuminare anche il cammino di molte e molti che hai incrociato strada facendo.
Cara Elvira! Il nostro è stato un incontro illuminante!