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La tempesta

Fine anno 2000. Quasi due decenni di comando alle spalle.

L’onda lunga ci accompagnava cullandoci dolcemente, non forte abbastanza da dare fastidio.

Il rimorchiatore sembrava accorgersi appena del rimorchio che sta portandosi dietro: un grosso pontone su cui è caricata una gru enorme, alta 100 metri. Quando l’ho vista lì sulla banchina di Trieste pensavo l’avessero smontata prima di caricarla sul pontone. Errore. Questo sarà un lungo viaggio pensavo tra me e me.

I primi due giorni di navigazione sono andati benissimo. Il rimorchiatore sembrava un unico grosso organismo che riflette un po’ il carattere e la forza di tutto l’equipaggio. Più o meno quello che accadeva una volta alle grandi navi a vela. Esse veramente avevano un po’ il volto ed il carattere dell’intero equipaggio. Un equipaggio di gente pigra ed indolente si rivelava fin nelle manovre più semplici, per contro, un equipaggio energico ed entusiasta faceva sembrar viva la nave ad un osservatore esterno, ed io credo che qualcosa del genere accadesse a noi. In genere dopo averci visto all’opera ci guardavano con rispetto e deferenza. La cosa innegabilmente faceva gongolare tutti di soddisfazione…

Dal giornale di bordo, su cui a suo tempo annotai i fatti :

5/11/2000 ore 03.10 al traverso di C° Rizzuto (Calabria Ionica n.d.r.). Prosegue navigazione regolare. Onda lunga in attenuazione.. Ore 10.15 al traverso di P.ta Stilo. Riesco col mio computer portatile a scaricare delle mappe di previsione meteo dal sito dell’aeronautica militare. Per quanto posso valutare la situazione non promette nulla di buono. Alle 11.30 leggo le informazioni meteo diramate da Meteo France via satellite. Per tutti i mari ad occidente della penisola le previsioni sono a dir poco severe: da W a NW forza 8/9 con rinforzi fino a forza 10.

Pensare di proseguire sarebbe follia pura. Decido di fermarmi ed aspettare condizioni migliori. Alle 15.50 ancoriamo in latitudine 38°09’.06N longitudine 016°12’.06E, a 0,6 miglia da terra su 25 mt di fondale, in località Bovalino Marina. Le montagne che si levano alte poco dopo la linea di costa mi aspetto che diano un buon riparo dai venti di NW.

Ore 21.00 si leva un vento molto forte, oltre i 30 nodi. Siamo costretti a salpare in fretta e furia e ci mettiamo alla cappa, prua nel vento a 0,7 miglia da terra. Riusciamo a tenere una posizione favorevole. Ore 22.00 il vento crescendo in intensità è arrivato fino a 50 nodi. E’ un fenomeno di particolare violenza. Riusciamo a tenere il pontone con la prua nel vento solo con le macchine oltre i 900 giri, in pratica, al massimo. Il rischio è che il fortissimo vento di maestrale ci possa spingere in alto mare ove il moto ondoso renderebbe impossibile il governo del pontone. Tutto il personale è all’erta, ognuno al suo posto per far si che le cose procedano al meglio.

Una gru alta 100 mt. sotto l’effetto del vento genera una resistenza enorme. Se all’azione del vento si dovesse aggiungere quella del moto ondoso, le accelerazioni sul cavo di rimorchio ed i conseguenti picchi di tiro potrebbero ben superare la capacità di resistenza dell’insieme con la possibilità di strappare il cavo di rimorchio. Sotto l’azione del vento il pontone con questa enorme gru sopra di esso prenderebbe a scarrocciare in direzione del vento a velocità notevolissima diventando un pericolo mortale per qualsiasi nave venga a trovarsi lungo la sua traiettoria e comunque, quando anche andasse tutto benissimo, si sarebbe persa per sempre sulla costa sottovento con un danno complessivo quantificabile in diverse decine di miliardi

7/11/2000 – Continua a rinforzare il vento. Ormai è un vento forza 10 . I 50 nodi non appaiono più come valore di raffica ma come valore medio. Il mare è completamente coperto di schiuma bianca che fila in direzione del vento, l’onda comincia già a formarsi a pochi metri dalla riva sabbiosa, il frastuono fa accapponare la pelle. Il fischio del vento nelle strutture del rimorchiatore è assordante. Abbiamo dietro di noi 300 metri di cavo di acciaio tesi a corda di violino, tutti fuori dall’acqua, freccia zero, elasticità residua praticamente nulla. Una circostanza appare almeno non sfavorevole: Il cavo è così teso da gravare pochissimo sui punti di contatto a bordo del rimorchiatore per cui almeno al momento siamo tranquilli sul pericolo che attriti prolungati sugli stessi punti di contatto possano strappare il cavo. L’onda a mezzo miglio dalla costa non è alta abbastanza da innescare movimenti con relative accelerazioni. Non mi aspetto brutte sorprese dall’attrezzatura finché riusciamo a reggere la posizione. Se non dovessimo più riuscire a reggere sarebbe la fine. Al momento il vento è l’unico nostro nemico.

A turni di un’ ora, una persona controlla anemometro e GPS scandendo ad intervalli di pochi secondi i valori di velocità del vento, velocità e direzione del nostro spostamento. Sulla base di questi dati le macchine vengono continuamente modulate per ridurre il più possibile a zero i nostri spostamenti e per alleggerire gli sforzi ove possibile, quando possibile.

E’ disperatamente importante prevenire problemi di alte temperature.

Tutti a bordo vengono rapidamente addestrati a questo compito, tutti sono in grado di leggere gli strumenti, interpretarli e fornire indicazioni alla persona che è di turno alla manovra e che deve tenere una concentrazione totale. Siamo tutti esausti. Sono le 10 del mattino e nulla riesce ad alimentare una ragionevole speranza di rapido miglioramento. Riesco ancora a guardare la situazione con un certo ottimismo: stiamo tenendo la posizione, non solo, nelle occasioni in cui il vento “scende” verso i 45 nodi riusciamo anche a ridurre il carico sulle macchine sia pure sempre intorno al 70%. Solo al di sopra dei 50 nodi il vento pian pianino ci spinge verso il largo. Tirando a tutta riusciamo a limitare la velocità di scarroccio a 0,6-0,8 nodi ed ad invertire il moto e recuperare la posizione quando si attenua un pochino.

Stringiamo i denti e tiriamo avanti, Tutti, nessuno escluso.

Non perdo di vista i rischi della situazione: l’acqua è satura di sabbia in sospensione, alla lunga potrebbe risultare fatale per i circuiti di raffreddamento dei motori, ma, trappola nella trappola, non possiamo fare nulla, assolutamente nulla..

Ore 12.00 Nessuna tendenza al miglioramento. E’ una situazione bruttissima. Sono ormai 15-16 ore che siamo in queste condizioni, tutti esausti, qui nessuno riesce a mandar giù nemmeno un boccone, ci teniamo su col caffè. Un solo cedimento di attenzione, anche solo pochi secondi sarebbero fatali. E’ una vera e propria guerra. Ore 13.30 Situazione indescrivibile. Arriviamo al punto di sentirci sollevati quando la lancetta dell’anemometro “scende” sui 50 nodi. Consideriamo accettabile un vento di 45 nodi. Sono colpito dall’assurdità della situazione. Ore 13.45 circa. Il mondo è impazzito. Non ho altre parole per descrivere ciò che sta accadendo. I motori tirati al massimo si esprimono con un ruggito feroce e commovente ma non ce la fanno più.

Velocità 0,1 indietro dice chi è di turno agli strumenti, 0,2 indietro, 0,5 indietro, 1,7 nodi indietro, stiamo cedendo, dopo 17 ore stiamo cedendo, ci resta qualche ora, se il vento ci trascina due-tre miglia fuori non ci sarà più possibilità di tenere la situazione sotto controllo.

Scatta il primo allarme di alta temperatura, siamo nella disperata condizione di non poter tenere più il regime ma di non avere la possibilità di diminuire. Il direttore di macchina con i suoi ragazzi attrezza all’istante il più “tecnologico” dei rimedi, arma delle manichette d’acqua e via col getto sui refrigeranti, sui tubi, su qualsiasi cosa avesse bisogno di essere raffreddata: è un atto di disperazione eppure al momento sta funzionando, ma continuiamo a cedere. Non ce la facciamo più.

Preavviso il mio ufficio di Taranto della gravità della situazione e della possibilità di perdere tutto, preavviso i committenti, chiedo che verifichino la possibilità che possa essere presente in zona qualche grosso rimorchiatore in grado di raggiungerci rapidamente, ma so che è una speranza vana, chiedo che vengano messi in preallarme gli uffici della guardia costiera, chiedo che si informino direttamente presso gli uffici meteorologici dell’aeronautica sulle loro previsioni relative a questo inferno. La conoscenza di questi dettagli potrebbe condizionare decisioni estreme. Da terra si attivano perché io possa avere le informazioni necessarie. I vertici della società noleggiatrice fanno tutti la loro parte con la massima celerità. Restano tutti in attesa delle ultime notizie, quelle estreme.

Al momento, velocità di scarroccio 2,4 nodi indietro e sono le 15.00 circa. I miei riferimenti ai tempi da questo momento sono approssimati in quanto la situazione non mi consente di prendere appunti immediati. Redigo questo giornale qualche ora dopo la tempesta.. Velocità 2,2 nodi indietro, vento 49 nodi. Si riaccende la speranza. Velocità di scarroccio 2,0 nodi , vento 49 nodi. Velocità 1,8 nodi indietro, vento 50 nodi. Sembra incredibile, il rimorchiatore ed il suo equipaggio stanno compiendo un miracolo. In 15 lunghissimi minuti riusciamo ad azzerare la velocità di scarroccio, ancora 4-5 minuti per avere 0,1 nodo in avanti verso il recupero della posizione, siamo appesi ad un filo ma non tutto è perduto. I vari uffici di terra mi informano che secondo l’Aeronautica siamo agli sgoccioli. Stringiamo i denti, non è detta l’ultima parola. Ore 18.00 circa, abbiamo recuperato il terreno perduto. Uomini e mezzi in un ultimo disperato tentativo di totale efficienza. Ci portiamo a 0,4 miglia dalla spiaggia, lo scopo e, se possibile, avere un po’ di pressione in meno sulla gru, anche un nodo di vento in meno, tutto pur di non lasciare altro vantaggio agli eventi. Ore 18.30 L’anemometro è “ridicolmente” inchiodato sui 50 nodi, reggiamo la posizione senza la possibilità di alleggerire il carico nemmeno di un punto; il 1° macchinista ed il motorista stanno versando ormai quantità d’acqua non trascurabili per raffreddare dall’esterno i refrigeranti e quant’altro possibile. Siamo al limite fisico e meccanico di tutte le nostre possibilità, ma non abbiamo ancora ceduto.

Ore 19.00 non ce lo aspettavamo più, ma è accaduto il miracolo.

Tenendo d’occhio continuamente il radar che continuava ad indicare 0,4 miglia dalla costa improvvisamente mi rendo conto che c’è un balzo in avanti rapido in una maniera impressionante. La profondità indicata dall’ecoscandaglio scende in un lampo da 15 a 9 metri. Alleggeriamo rapidamente le macchine. Il primo pensiero è quello di aver strappato il cavo, ma non ho sentito il rumore dello strappo ma:

“comandante, il vento, 8 nodi, solo 8 nodi!!!”

Fermiamo immediatamente le macchine e resto qualche attimo costernato al pensiero di cosa implica questa nuova situazione: 300 metri di cavo di acciaio che senza più trazione sono poggiati su basso fondale con tutti i rischi del caso.

Per fortuna, espressione nel complesso beffarda in questo insieme di circostanze, il vento si rimette a soffiare ma l’anemometro si ferma sui 30 nodi. Guardo il barometro, di colpo è salito su di 4-5 millibar: è passata.

I 30 nodi di vento, pur sempre forza 7, ci sembrano una piacevole brezza.

Scegliamo, questa volta scegliamo di farci portare un po’ più al largo, in acque più profonde e cominciamo a rasserenarci ed a rilassarci un pochino.

Siamo fisicamente allo stremo delle forze , ma ce l’abbiamo fatta.

Ore 22.00 il vento ormai tocca solo di radi i 30 nodi attestandosi su una media di 20-22 nodi. Cominciamo a “sganciarci” da questa posizione ad a navigare verso nord. Il riuscire a navigare normalmente ci sembra una vacanza. Ore 23.00 vento calato a 15 nodi. Diamo fondo l’ancora il località Roccella Ionica. Ariamo sia pur lentamente. Fermiamo comunque i motori. In due ore i ragazzi smontano, puliscono e rimontano i refrigeranti.

Dobbiamo prendere un po’ di tempo perché almeno una parte di noi riposi alcune ore. Poi affronteremo il problema dei rifornimenti. Siamo in mare da quasi 8 giorni a causa del maltempo, tanto quanto sarebbe dovuto durare l’intero viaggio.

Esprimo qui un plauso al mio equipaggio di cui ho ammirato la capacità di soffrire senza proferir parola.

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