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Mi trovavo in montagna, uno dei pochi luoghi dove ancora si può stare tranquilli. A respirare aria pura.
Ero seduta su un prato, in attesa di essere raggiunta dal mio fidanzato che, amando camminare molto più di me, stava facendo una breve escursione nei dintorni.
Dunque ero sola, e soprattutto finalmente tranquilla, serena per il paesaggio circostante che mi faceva sentire in armonia con la natura.
E questo era un dettaglio importante, per accogliere l’altro da me.
Un’ombra si allungava dal crinale del monte, e non capivo da cosa fosse provocata.
Un’ombra, ma nessuno intorno a me.
Improvvisamente mi girai, senza alcun richiamo, se non quello della mente.
Era dietro di me, non parlava, era immobile.
Mi spaventai, ma un diktat, al contempo, mi diceva di restare lì.
Il senso di estraneità rimase per alcuni secondi, e poi, d’un tratto, ogni timore svanì.
Non ero sola, non mi sentivo sola, con lui.
Un calore intenso, benefico, invase il mio corpo, quasi mi stordì.
L’ombra si restrinse, e lui sedette vicino a me.
Sentivo tutto ciò che voleva dirmi, ma non capivo perché non parlasse.
Era un flusso di immagini, emozioni, percezioni e idee che mi stavano trasportando altrove, dove io volevo andare da tempo…
Desideravo ritrovare le origini delle mie sensazioni, che richiamavano la vita, ma che non trovavano sfogo nella quotidianità che stavo trascorrendo. Le origini della mia emotività stipata, senza sbocco.
Varcai una soglia, evanescente e fluttuante, come se non avessi peso.

Era il tempo di ritrovarsi, di riconciliarsi.

Una mano sulla mia spalla mi fece rabbrividire…
La presi nella mia, mi alzai e abbracciai il mio fidanzato

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