Quando cammino sembro distratta perché tutto mi cattura: un tramonto, il volo di una foglia, due persone che parlano, bambini che giocano a rincorrersi e urlano felici. Tutto mi attrae e tutto si fa domanda.
Camminavo distrattamente anche quella mattina e attraversavo la folla cercando di farmi spazio. Il periodo non era dei migliori, bisognava evitare la calca, la pandemia era solo in attesa di poter riprendere il suo corso ma era estate e anche io avevo voglia di libertà. Così, a passeggio per le strade di Verona, mi chiedevo, come mio solito, chi fossero quelle anonime facce che mi passavano di fianco, dove andassero, quali fossero le loro storie, quali i loro pensieri mentre, come me, attraversavano quelle strade percorse ogni anno da migliaia di persone.
Quella mattina aveva deciso di piovere. L’estate di fuoco voleva concedere una tregua? Ce lo stavamo chiedendo in molti ma la risposta non era mai quella sperata. Il caldo torrido e asfissiante non si calmava, l’aria sempre più afosa faceva pensare che un enorme phon ce la soffiasse addosso. Era questo il pensiero di ogni persona con cui capitava di scambiare qualche battuta. Sembrava che l’Africa equatoriale avesse cambiato parallelo, si fosse spostata.
Tutto però sembrava volesse cambiare quella mattina e così anche passeggiare era più bello del solito. Io sempre con il naso all’insù, alla ricerca di un qualsiasi indizio mandato in avanscoperta dalla fantasia e qualcuno accanto a me che mi diceva di fare attenzione alla strada perché, sbadata com’ero, finivo per invadere sempre o la pista ciclabile o la carreggiata con le auto.
Percorrendo la strada che portava alla casa di Giulietta, in quella che è la città dell’amore, filosofeggiavo tra me e me di amore, tragedia e lieto fine e lo sguardo sempre avido di immagini si posava su ogni persona o coppia o famiglia che destasse la mia curiosità. Chissà perché volevano andare lì, proprio lì, sotto quel balcone, dove la storia più conosciuta al mondo si era consumata in un tragico epilogo.
Ma poi, l’amore vero com’è fatto? Di cosa si nutre, come sopravvive alla quotidianità? Come fa a diventare eterno?
È stato così che li ho visti. Mi camminavano davanti non so da quanto e io li seguivo senza prestar loro attenzione ma a un tratto li ho visti, mano nella mano.
Ha iniziato a piovere e ho tirato fuori l’ombrellino pieghevole che, prudentemente avevo già messo in borsa quella mattina.
È iniziata la corsa delle persone alla ricerca di un riparo: la calca si muove, ondeggia, disorienta. Per un attimo perdo l’equilibrio anche io, ondeggio in mezzo a quella folla.
È stato così che l’occhio mi è scivolato su quelle mani. Si stringevano in un abbraccio come due ragazzini, a un tratto sembrava fosse lui a darle la direzione con una stretta più forte e lei si abbandonava dentro quella stretta, convinta che fosse sicura. Ho provato ad alzare gli occhi e li ho visti: non più giovani, forse sulla settantina, lui alto e magro, lei snella e dolcissima in quei pantaloni di lino azzurro e con un paio di ballerine ai piedi che mostravano caviglie perfette.
Mi sono fermata a quelle per intuire la delicatezza di quella donna. E ho continuato, come ipnotizzata, a seguirli guardando solo le loro mani che si stringevano e non ho potuto non pensare a tutte le volte che se le erano strette. Da una vita secondo me e mai si erano stancati di sentirsi al sicuro, uno nelle mani dell’altro. Ho pensato “ecco! È questo qui l’amore: tenersi per mano!”
Mano nella mano
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