OPERA IN CONCORSO
Deserta è la via
che mi ha vista bambina,
ad un nido somiglia
senza più uccellini.
Conosco alla perfezione
ogni vicoletto, ogni sasso,
cresce la malinconia
ogni volta che ci passo.
Indovino le tinte dei balconi
vinti dalla ruggine e che di fiori
e di panni sono rimasti spogli.
Mute le porte al Monte,
zittite dai catenacci,
poche quelle aperte,
sui gradini
nessuno più si affaccia,
nelle crepe si accomodano
le erbacce.
Spente sono le finestre
come occhi di morti senza più
un filo di luce.
I cartelli dai colori sgargianti
con la scritta -vendesi-
spiano dai vetri opachi:
un prezzo abbiamo dato alla memoria.
Sui davanzali,
scrivono i colombi la loro storia.
Eppure se mi fermo a pensare
lo vedo e lo sento
quel vicinato brulicante di vita,
forse eravamo in cento.
Li trovo al fresco della sera
a tramandare racconti millenari
di cavalieri senza testa, di lupi mannari
e masciare capaci di imbrigliare le tempeste.
Eccoli in un cerchio di sole a primavera
a sferruzzare con gomitoli di lana e parole,
scialletti ed emozioni,
a sgranare preci e giaculatorie
in una lingua ancestrale,
che alle mie labbra affiora
naturale come il respiro.
Insertano fichi, ricordi e peperoni
preparano mazzetti di malva e camomilla
per i decotti dell’inverno,
strofinano ciuffi di origano e finochietto.
C’è perfino chi lava alla fontanella
i tini per la vendemmia,
il calderone della conserva di pomodori,
chi bagna le cicorielle da vendere in piazza ai forestieri,
chi scaccia le mosche dalle fette di melanzane
messe ad asciugare su tavole di legno.
Certo, non mancavano le liti e le questioni,
ma si fa presto a far pace.
Mi saluta un vecchio compare che torna dalla campagna,
è carico il suo asinello
di fasci di sarmenti
per il fuoco di san Pancrazio.
Era questa via la casa di tutti,
disseminata di bambini di basilico e di gatti.
Ḕ un mondo perduto ma non dimenticato,
nell’anima è custodito,
avvinghiati come radici i profumi, i volti,
i suoni e le voci.
Ḕ proprio qui, che abita da più di cinquant’anni
il cuore mio soltanto, mai è andato via,
perché l’indirizzo è sempre lo stesso:
la nostalgia.
TERESA BLASI
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