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Non è una poesia

25 Novembre 2021

Sapete quanto tempo impiega una donna a sporgere denuncia per un caso di violenza familiare, abuso, stolking, molestie?

A volte mesi, altre volte anni…spesso mai!

Tutte indistintamente vorrebbero farlo, liberarsi da un incubo, tornare a volare fuggendo da una ragnatela balorda.

Ma la donna è sempre madre anche quando è giovane, anche quando ad essere violate sono le carni di una ragazza. Pensa sempre di redimere il suo aguzzino, di poterlo aiutare a venirne fuori, a guarire da un malsano amore. Che se è malato non è amore.

Arrivano da un avvocato da sole o accompagnate da chi desidera aiutarle ed è impotente contro il sistema, il pregiudizio, la resistenza stessa della vittima.

Lo sguardo è basso, sulle mani sempre incrociate sul grembo. Un rituale antico di vittima prescelta dalla notte dei tempi, immolata e lasciata lì a monito nella sua nudità di corpo e di anima.

Sguardo basso e mani incrociate sul ventre. Vergogna e difesa. I torrioni del castello di una donna.

Chi aiuta le donne violate, abusate, ferite, deve entrare in empatia con loro.

Non c’è ipocrisia nello sguardo che si abbassa con quello di una donna umiliata. Non c’è retorica nelle mani che spontaneamente si intrecciano sul grembo, imitando la difesa, la strenua difesa della dignità.

A volte solo la spietata fotografia di una donna brutalmente seviziata, uccisa scuote quella coltre spessa che imprigiona la loro anima. Altre volte l’ Amore per un figlio rende il miracolo di un dio che era stato troppo lontano per udire prima i pianti e le grida.

Sapete quanto deve combattere una donna prima di firmare la sua querela dinanzi alle forze di polizia?

E, una volta presentata la querela per fare sì che le indagini proseguano e non venga archiviata la richiesta di punizione del reo?

Sapete quanto un processo costi a una donna abusata , violata, mortificata nell’ amore donato e non solo in termini economici?

Deve combattere tanto. Costa tanto.

Perché prima è la meretrice, la puttana e deve fare un lavorio immane per scrollarsi di dosso questa convinzione che è il marchio di ogni donna quando un uomo su di lei pecca.

Un percorso lunghissimo quando decidono di salvarsi la vita. L’ alternativa è morire. Perché l’ escalation della violenza conduce sempre, se non arginata, al femminicidio.

E in questo percorso accanto a loro c’ è la legge con ordini di allontanamento, con arresto, c’è il servizio sociale con psicologi e terapeuti che conducono per mano la donna dentro i gironi del suo inferno, ci sono gli avvocati esperti nel settore che nuotano con lei in apnea per ritrovare la superficie, ci sono i familiari che sorreggono ciò che all’ inizio è solo una statua senza più un’ anima.

Poi, basta un’ intervista per vanificare l’ impegno di tanta gente.

Tra una mimica facciale eloquente e frasette ad effetto, un lavoro immane di tanta gente vanificato.

Chi denuncia, chi ha il coraggio di cercare il riscatto deve essere celebrato , indicato come esempio non irriso, fosse anche con la semplice minimizzazione del suo vissuto.

Chi denuncia e ha il coraggio di affrontare il processo,un processo che la società e il pensiero maschilista anticipano nelle menti ancor prima che nelle aule di tribunale, ha già vinto, perché ha scritto la parola ” fine” anche se un giorno non scriverà la parola Giustizia.

#contameraccogliamostorie
#raccontamiunastoria
#rossorelativo

Pubblicato inDonne

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