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Pina

 

Pina respira piano anche se ha il cuore che batte all’impazzata. Suo figlio Salvo è attaccato al seno e non ha l’età per sentire la paura che sta gelando sua madre.

Nel 1943 imperava il fascismo, una guerra aveva portato gli uomini validi al fronte e le donne erano costrette a sbrigarsela da sole. Pina si sentiva fortunata, sua madre e sua sorella l’aiutavano con i due bambini ma i tempi erano particolarmente duri con chi, come lei, aveva un marito anti-fascista.

Nella piccola casa il lettone sembrava enorme, Pina ci dormiva con i due figli e qualche volta lo usava per nascondersi quando la ronda dei fasci passava a disturbare chi non aveva voluto prendere la tessera.

Suo fratello, capomastro in una grossa impresa edile, le aveva costruito un piccolo rifugio nella parete dove si appoggiava la testiera del letto e lei, quel giorno fece appena in tempo a nascondersi.

Entrarono rumorosamente, chiamandola a gran voce.

Sentì distintamente il cigolio dello sportello che veniva aperto, poi il rumore dei piatti infine quello delle sedie che occuparono.

Usarono parole grossolane per quel poco che aveva preparato per pranzo ma, mangiarono tutto poi si alzarono sbattendo tutto per terra.

Pina sussultò e ringraziò Dio per quel sonno profondo che aveva suo figlio. Lo strinse piano al petto poi inquadrò, nella sottile linea che le permetteva di vedere il pavimento, degli stivali scuri, sporchi di fango.

Si muovevano nella stanza come fossero padroni mentre lei tremava di paura. Riusciva a immaginarli, con le facce nascoste dai passamontagna e quei manganelli stretti nel pugno a minacciare chiunque.

Improvvisamente notò degli stivali diversi, puliti , anzi lucidissimi, con una fibbia laterale di metallo. Qualcosa scattò nella sua mente, li aveva già visti ma non ricordava dove e chi li indossasse.

Improvvisamente andarono via tra risate e qualche bestemmia per non averla trovata.

Aspettò ancora un po poi uscì, raddrizzò la schiena, mise il bambino sul letto e infine pianse, silenziosamente..

Nei giorni successivi tornava quel ricordo fastidioso: quegli stivali chi li indossava?

Sua madre decise di non lasciarla più da sola e si trasferì, provvisoriamente, da lei.

Pina si rincuorò, avere sua madre accanto era rassicurante e con i bambini significava un valido aiuto.

Pina si vestì per uscire e fare la spesa.

La tessera non consentiva molto ma bisognava pur mangiare. Nella bottega incontrò qualche conoscente e scambiò saluti e preoccupazioni.

Poi si sentì salutare cerimoniosamente e riconobbe il suo vicino di casa.

Sapeva che era partito per il fronte e sua moglie ne era orgogliosa.

Stava per rispondere al saluto ma poi vide gli stivali e rabbrividì.

Ecco perché aveva avuto quella sensazione, le aveva già viste. A stento trattenne l’urlo che le saliva in gola. Corse a casa e ne parlò con sua madre, non voleva spaventarla ma non riuscì a trattenersi.

Pina aveva, oltre alla sorella tre fratelli e, in quei tempi così tragici erano loro che la proteggevano.

A loro la madre raccontò tutto.

Dopo un pò di giorni, il vicino di Pina fu trovato massacrato di botte.

E senza stivali.

nell’immagine Antonio Montariello, Partenze, 300×400 oil on linen coll priv

Pubblicato inDonne

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