Stamattina mi sono alzata più presto della mia alba. Era ancora buio. Le finestre rimandavano i colori della notte.
La mia moka compiva il suo ventennale dovere, di lì a poco il nero caffè bollente avrebbe tacitato per pochi minuti la mia grave pancreatite.
Ci sono riti che vanno compiuti a dispetto di tutto per quella religione del vivere che porta a disubbidire in nome del più alto precetto: vivi secondo coscienza!
Sorseggiavo il caffè e guardavo fuori mentre un sordo rumore esterno risvegliava ancestrali paure. Era il vento. Il vento del mio Stretto che accompagnava l’alba, la introduceva sul palcoscenico del giorno, ne presentava la bellezza.
Mi soffermavo a guardarne l’incedere mentre il mio dialogo con Dio si tacitava momentaneamente. Ci trovavamo in disaccordo su alcuni punti, gli confidavo delle mie difficoltà a pregare nei giorni dell’odio e della confusione, gli contestavo alcune scelte.
La croce appesa ad un muro della mia cucina è presenza silente ma mai muta. Come sa redarguirmi lei !
Eppure stamattina i miei rimbrotti rabbiosi risuonavano nel silenzio come scudisciate. Cosa può fare una donna come me? Una persona abituata all’azione,con l’atlantismo( non quello Meloniano ma il difetto di Atlante) per patologia? Mi chiedevo. Gli chiedevo.
Vedo il mondo varcare la soglia dell’inferno e mi sento impotente a fermarlo. Guardo i giorni dell’odio e mi sento incapace ad arrestare il corso di questo fiume impazzito. Sento il fischio sinistro della babele di lingue senza margini di comprensione e non so fare altro che tapparmi le orecchie.
Può la religione dare un colore alle emozioni? Gli chiedevo osservandolo assiso su quella Croce.
Non era muto, era ammutolito, forse pentito della libertà donata! Le cicatrici di nuovo sanguinanti avocanti le ferite di questi tempi ingrati.
E a modo mio pregavo mentre l’ alba della mia terra mi abbracciava.
Foto di Marina Neri ” Preghiera” cimitero monumentale di Messina
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