E l’albero mi parlò. Fu un giorno d’ autunno che ci incontrammo. Appena ne toccai quei nodosi rami, sentii un brivido percorrermi l’anima e solo per il pudore di apparire folle, trattenni dentro di me quella domanda:- cosa vuoi dirmi?-
L’antica pianta comprese il mio dilemma e nel parlar silente, mi trasmise il suo racconto. Non poteva più tacerlo. Non voleva più tacerlo. Stava venendo fuori e ben presto la terra lo avrebbe assorbito senza che nessuno ne sapesse Storia e Vita. Chissà se ero lì solo per caso o per quel Caos della Vita mia che mi vuole ascoltatrice delle vite altrui . Annuii e quel tronco cominciò a narrare.

” -Dicevano le scorresse sangue di drago nelle vene. Non aveva conosciuto il padre e la madre, divenendo pira, l’aveva salutata in quel loro modo strano di trasmettersi l’amore, il passato, il presente e,forse, anche il futuro. L’aveva guardata divenire fumo mentre intorno a lei bambina si levavano i canti di preghiera per quella strega che,arsa viva, espiava il peccato della sua sapienza. Era il fumo a farla piangere o forse era l’estrema carezza di sua madre che non aveva rinunziato ad essere se stessa neppure per salvarsi. E l’odio si era insinuato in lei. Piccoli lembi di pelle ad impregnarsi di quell’umore indecifrabile che coglie, penetra, si infiltra e permea.

Per pietà l’avevano salvata. In fondo era solo una bambina. Una bellissima bambina cattiva. I marchi divengono tatuaggi trasmissibili e neppure il tempo aveva affievolito il senso di inquietudine che provava la gente al suo cospetto. Era pur sempre la figlia della Strega anche se gli anni avevano sedato le paure, ammorbidito le ortodossie, allontanato i fantasmi del passato.
Non avevano obliato la Sapienza. Era una strana dea quella. Amava avere pochi sacerdoti eppure la sua Ara grondava spesso sangue, incompresa era la sua preghiera e, persino gli dei , la tenevano a distanza, un po’ come Discordia , preferendo le certezze delle omologazioni nei templi. Così la Dea le aveva donato l’amore per le scoperte, per gli studi, per la conoscenza e l’aveva resa ardita nel combattere per la giustizia contro ogni fideismo e credulità.
Dracena combatteva, curava …viveva senza mai ascoltare le domande che le poneva il cuore. Con generosità si donava agli altri. Nessuno le chiedeva conto o ragione del suo sangue quando occorreva il suo aiuto. Dopo, però , scongiurato il pericolo, lei restava la marchiata, la figlia della Strega, da evitare fino al successivo richiamo della paura di un male più grande. E Dracena non si sottraeva . Dopotutto quella era la sua gente. Chi altri avrebbe potuto definire ” amici”?
Un giorno salvò il Re. L’impavida ragazza gli fece scudo col suo corpo mentre un dardo volava verso il cuore del sovrano. Sgorgò il suo sangue e lei stessa si meravigliò constatandone il colore. Rosso. Come quello di ogni altro umano. Grato, il Re, fece curare la fanciulla dai migliori guaritori del suo castello.

E galeotto fu quel dardo ché d’ amore furon presi gli occhi fermi del sovrano e quelli limpidi della giovane guerriera. Dracena fuggì via da quell’ardore , cercò in ogni modo di dimenticare , ma il cuore disubbidiente è per sua natura: batte a dispetto di ogni volontà. Quel re la cercò dentro al suo regno, ormai regina era per il suo cuore , sapeva , tuttavia, di esserne indegno, perche’ renderla sua lui non poteva. Una regina vi era già al suo fianco , molte lune avevano parlato del loro amore, come poteva una giovane ribelle rubare il regno, la luce stessa delle stelle? Dracena lo sapeva , l’antica conoscenza le sussurrava di essere prudente. Per questo era scappata. Per tacitare il cuore e dire a quel drago che era in lei:- non si combatte per il perduto amore-
La vecchia sciamana su ne l’Aspro Monte scaldò le mani gelide di dolore , guardò quegli occhi belli brillare del fuoco dell’amore e non osò parlare, non le predisse ciò che le sue palpebre stanche potevano vedere.
Le diede un filtro, una pozione. Le disse:- bimba mia, mio piccolo incredibile giovane drago, combattere non potrai contro il suo regno e rovina porterai fra la sua gente. Lui perderebbe il trono ed il suo onore. Vuoi questo per l’uomo che i tuoi occhi dicono di amare?- Dracena scosse la testa. Conosceva del Re i suoi doveri. – Se berrai il filtro pianta diventerai e vicino a lui per sempre resterai-
Lo vide disperato pianger alla fonte del castello. Non trovava più la sua fanciulla . Eppure l’ aveva cercata in ogni dove, persino nell’ antro della megera. Dracena gli andò vicino. La vide e lo sguardo gli si illuminò. Lo abbracciò forte, poi bevve la fiala, d’ un fiato, senza porre tempo in mezzo. E ,mentre lui gioiva per l’amore ritrovato , lei in albero trasformava le sue belle membra.

– Resterò per sempre qui- sussurrò lei nel vento e rami si protesero ad accarezzarlo. Il Re cinse quel tronco, urlò, imprecò, pregò e nessuno comprese il suo dolore. Solo quando, molti anni dopo, seppellirono il corpo del sovrano, come lui aveva ordinato , nella terra vicino alle radici di quel grande albero, dalla sua corteccia i sudditi videro spuntare gocce di linfa… anzi no erano solo gocce di sangue…sangue di drago…e la sciamana, asciugandosi una lacrima, sussurrò:- sangue d’ Amore- .
Per chi volesse saperne di più su questo meraviglioso albero che dimora nella Villa Comunale di Reggio Calabria
” Dracena Drako”
https://ilmanifesto.it/il-sangue-di-drago
foto di Marina Neri ” Dracena Drako ” Villa Comunale di Reggio Calabria
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