Sarà perché la vita è una forza che spinge sempre avanti, che spesso le persone sottovalutano il dolore.
Eppure io l’ho urlato, il mio dolore, sebbene in modo disarmonico, precipitoso, in bilico tra la rabbia, la disperazione e infine il silenzio.
Sarà che la vita è volerla nonostante tutto, che gli altri guardavano pietosamente, o con fastidio, o con rassegnazione la mia tristezza.
Quindi le mie grida divennero mute, soffocate da chi credeva solo nella vita.
L’ipocrisia di non voler sentire il peso, l’angoscia, per non fare la fatica di comprendere, e la paura delle responsabilità verso chi ci sta vicino inducono spesso a non valutare che c’è chi non ce la fa a camminare da solo.
E così cominciai a nascondermi agli altri, come desideravano, a non osare più irritare, a non chiamare più.
Erano tutti felici che io fossi rinsavito, non li annoiassi con i soliti pensieri fuori dal mondo, i miei ideali, il mio eccessivo senso di giustizia. Il mio pretendere chiarezza! La mia insoddisfazione…
Finalmente ero cresciuto, per loro, e avevo capito che la vita è così: degli alti e dei bassi.
Li gratificavo con il mio aver messo la testa a posto.
Avevo imparato la regola del guarda e passa, della resa in certe occasioni. Del parlare pacato ed educato sempre e comunque.
Sarà che la vita non la scegliamo noi, ma ci capitiamo in mezzo, che ognuno deve comunque spingere e sgomitare.
Sarà… Ma c’è anche chi la propria vita la vorrebbe cambiare e non ci riesce.
Fu così che in un momento di freddo gelido al cuore, di imbarazzo di fronte alla mia persona, che no, non andava bene, vidi quella finestra come una liberazione…
Non posso, non voglio dire che ho sbagliato. Qui sto meglio che nella vita, indubbiamente.
Posso dire solo, a chi ancora vive: ascoltate chi amate.
5 agosto, in memoria di un caro amico.
Sono passati trent’anni, ormai, ma non ti ho mai dimenticato.
Foto tratta dal web.
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