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Sciare

Non lo so fare. Non ho mai pensato, nemmeno una volta nella vita, di imparare a farlo.

Sono andato sulla neve a tentare di farlo solo una volta, avrò avuto vent’anni, a Roccaraso con un pullman che partiva alle 5,30 da Napoli, si fermava per una sosta dalla parti di Isernia e si faceva colazione alle sette meno un quarto, storditi e apparentemente allegri. Ci sono andato per amore. Una cotta adolescenziale per una ragazza di qualche anno più piccola di me che amavo in maniera platonica e sofferente che sarebbe stata sulla neve quella domenica assieme ad una turba di fratelli e cugini e zii e papà e mamma, tutti di un paese non lontano che si chiama Rionero; che con tutta probabilità avrei a stento salutato nella speranza, risultata anche quella volta vana, di rivolgerle qualche parola. Ero andato, accompagnato dal solito “amico che si intendeva” (c’è sempre in tutte le storie) a comprare l’essenziale dell’attrezzatura minima, alla Duchesca, un intero quartiere di Napoli allora adibito a discount. Era il mio primo rapporto con gli sci, di legno, lunghissimi e pesantissimi, e con la neve che, alla fine della giornata, sul pullman ed ancora a casa trovavo ovunque: sotto il pullover, sotto la maglia della salute e dentro le mutande. Era stato più il tempo che passai a terra o a ruzzolare che quello che passai in posizione eretta. Un disastro.

Ho chiuso con la neve e lo sciare. Mi dicevo: per sempre.

Per oltre quarant’anni la situazione era definita: quale che fosse la città che abitavo o il contesto sociale che frequentavo in quel momento (a un certo punto cominciò ad andare di moda la settimana bianca che in certi ambienti era anche la verifica di uno status) quando l’argomento era “sciare” – “Tu scii?” oppure “Tu sai sciare?” – la mia risposta era inequivocabile:”No, non scio, non so sciare e non voglio imparare a farlo”.

Non avrei mai potuto immaginare che sarei arrivato molto vicino ai settanta anni per dovermi porre il problema non tanto di sciare (o di imparare a farlo) ma quanto di andare dove gli altri, tutti gli altri tranne limitatissime eccezioni, sciano. In quei posti, cioè, dove ci sono al massimo due bar-ristorante-albergo e poche altre costruzioni in legno adibite alle pratiche sportive dette “invernali”. Sci, snowboard, bob.
La mia giovanissima moglie ha imparato da piccola a sciare, ama sciare, le piacerebbe riprendere a farlo. Ma per lunghi anni si è astenuta, con un atteggiamento rispettoso che sfiora la devozione, dal farmi la proposta di andare, per qualsiasi scopo, sulla neve.

Ma adesso ci sono le figlie piccole – e che “se non imparano adesso, dopo è più difficile”. Ed allora sono tre inverni che dedichiamo qualche week end o qualche domenica “alla neve” a “far sciare le piccole”. Insomma per me – sembra un destino – lo sciare e le neve si declinano sempre con il verbo amare.

Ma anche queste ultime esperienze per me sono state segnate da un disagio assoluto: odio il freddo, sono meteoropatico e quando manca il sole mi intristisco anche se sono alle Bahamas, figurati sulla neve!, il freddo mi fa venire continuamente voglia di andare a fare pipì (in locali maleodoranti con bagni alla turca) e come aggravante posso dire che per due inverni avevo un abbigliamento inadeguato, che aumentava a dismisura ogni tipo di fastidio e di intolleranza. All’inizio di quest’ultimo inverno mia moglie mi ha convinto che gran parte dei miei disagi (e conseguenti nervosismi) erano causati dalla mancanza dei doposcì, dai pantaloni imbottiti da sci ed una giacca a vento similsci. Dopo una lunga trattativa fra lei e me che volevo imporre un budget risibile alle spese, alla fine “mi sono attrezzato”. Ciò non ha cambiato di molto il mio “andare sulla neve” che adesso come prima significa tentare di riconoscere in lontananza il maestro che istruisce le mie figlie e mia moglie che le segue dappresso, stare seduto su una panchina e mentre sono lì, guardarmi intorno, osservare le persone (la gran parte) e le donne (tutte) senza particolare interesse (trovo infatti che l’abbigliamento da sci indossato dalla maggior parte di queste ultime – donne di ogni età – le privi di ogni appeal erotico e che indossare sciarpe, occhialoni e cappelli tolga ogni minimo slancio relazionale: sarebbe come conversare con Belfagor), alzarmi per andare in bagno, anche tre o quattro volte in una mattinata, combattendo con calzamaglia e pantaloni da sci con le bretelle, giocare con il cellulare e aspettare che finalmente tutto finisca.

Stamattina siamo partiti alle 6,30: la lezione era fissata per le nove a Kaberlaba.

C’era il sole, un bellissimo sole. Le bambine hanno fatto la lezione, hanno fatto dei giri sulla neve guidati dalla madre ed infine si sono messe a giocare su un cumulo di neve ghiacciata assieme ad altri bambini.

Mia moglie ed io, appoggiati alla staccionata di fronte, le guardavamo in silenzio. Ad un tratto, lei si è girata verso di me, mi ha guardato seria negli occhi e mi ha detto, decisa quasi dura: “Ma lo sai che sei proprio bello?!” Sembrava assolutamente sincera.

Improvvisamente mi sono sentito steso al sole su una sabbia finissima che mi accarezzava il corpo, avevo gli occhi chiusi e il mio cuore era al caldo. Gioioso come un ragazzino, in un istante ho fatto la pace con la neve, con il freddo, con lo sciare. Nulla è impossibile per amore!

Bella la vita! – mi sono detto – vale sempre la pena di “continuare ad avere l’illusione di competere con il tempo”, come dice una canzone che mia moglie qualche tempo fa mi ha dedicato: “L’amore non esiste, esistiamo io e te”

Pubblicato inAmore

4 Commenti

  1. Rita Maria Orlando-Rylko Rita Maria Orlando-Rylko

    Ho sorriso in alcuni momenti e ho ricordato i miei disagi sulla neve, non molto diversi da quelli dell’autore del racconto. Detesto anche io il freddo, ho però imparato a sciare oltre i 30 per amore, appunto, per far piacere a mio marito, “nordicissimo” e molto bravo con gli sci. In un bel posto, Predazzo, e con un ottimo maestro. Da sola mi sono cimentata sulle piste dei bambini e confesso che mi sono molto divertita.

  2. Gesumino Schiano Gesumino Schiano

    È un racconto che parla di emozioni e sentimenti belli come in una favola. Persino di più.
    È bellissimo.

  3. Pinto Francesca Pinto Francesca

    Bravissimo Pierluigi. Racconto tenero e delicato. Che cosa non si fa per amore!! E quanto ne vale la pena farlo!!
    Continua con il raccontare ricordi nostalgici, seguiti da esperienze recenti tutti così ricchi di amore.

  4. Carla Carla

    Sempre in nome dell’amore Franco da trent’anni viene con me al mare, anche se soffre il caldo e non ha mai imparato a nuotare….

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