#25/11/2021
dedicata a Adelina Sejdini
donna coraggiosa in cerca della cittadinanza italiana
Sono passata
Sono passata nel mondo come fa una tempesta,
Lasciando nel cammino pezzi di me, rottami d’anima.
Nessuno mi ha amato! Molti mi hanno usata.
Davo quello che avevo!
Prendevano quello che gli serviva.
Niente amore per quelle come me,
Niente casa, lavoro, cibo, abbracci.
Ero merce in vendita da comprare al bisogno,
Scaduta nell’interesse di gretti burocrati
Usata, svuotata e dopo abbandonata.
Ho chiesto aiuto! Me l’hanno negato.
Ha vinto la paura! L’umanità ha perso!
Sono volata come fanno gli angeli
Ma non avevo indossato le ali.
Mi sono liberata di ogni cosa banale.
Non mi servono più permessi o concessioni,
Niente cittadinanza, sussidi, alloggio.
Ci ho pensato da sola a farne a meno.
Volando giù dal ponte mi sono perdonata.
nella foto: Adelina Sejdini (da Roma Today)
da Roma Today. La vita della guerriera Adelina, arrivata in Italia nel 1996, è finita a 47 anni a Ponte Garibaldi, sabato sera: si è gettata nel vuoto, portando con sé tutte le speranze infrante, il coraggio e la fierezza con cui aveva sconfitto chi le «tagliò una gamba con le forbici e le cosparse le ferite di sale per farmi più male», chi la considerava neppure una schiava, ma una cosa da gestire per ricavo e per diletto. Lo stesso coraggio con cui aveva iniziato la battaglia contro il cancro al seno, gli infiniti cicli di chemioterapia e gli interventi chirurgici, con cui cercava senza sosta di vedersi riconosciuta quella cittadinanza che le avrebbe consentito di iniziare per davvero una vita in Italia, quel Paese che dal suo arrivo aveva aiutato e supportato nella lotta alla mafia albanese e alla violenza contro le donne.
L’ultimo colpo è arrivato quando, rinnovando il permesso di soggiorno a Pavia, si era vista offrire la cittadinanza albanese. Un Paese dove mai sarebbe mai tornata, soprattutto dopo essersi messa in pericolo consentendo l’arresto di 40 persone e la denuncia di altre 80. Ad aiutarla i carabinieri, che lei chiamava “i suoi angeli custodi”, che mai l’avevano abbandonata e che la chiamavano affettuosamente “Adelina 112”. Il suo contributo le aveva fruttato un prolungamento del permesso di soggiorno per motivi straordinari, ma la cittadinanza italiana non è mai arrivata. Rifiutata quella albanese, le era stato tolto anche lo status di apolide, con il rischio di dover rinunciare alle (poche) agevolazioni statali che aveva ottenuto e alla possibilità di fare domanda per una casa popolare.
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