Ho imparato a sognare
Quando inizi a scoprire
Che ogni sogno
Ti porta più in là
Cavalcando aquiloni
Oltre muri e confini
Ho imparato a sognare da là
testo e musica dei Negrita
Mi chiamo Salvatore, ho 51 anni, sono un educatore.
Ho conosciuto questo che non è un lavoro, non è un mestiere, non è una professione nel 1997.
Ero un obiettore e sono venuto a Roma, lasciando Napoli e il corso di laurea in Architettura ed ho cominciato a lavorare nella “Unità di strada” di un’associazione che si occupava di dipendenze.
La strada, da allora, è il mio luogo di lavoro: è lì che “assisto e seguo” i minori HIV o socialmente fragili, quelli che escono di casa con i pugni chiusi in tasca indossando la faccia da uomo duro per vestire la solitudine, la disperazione, la rabbia.
Li chiamano “fragili” perché è come se ciascuno di loro fosse circondato da una bolla di vetro soffiato che basta un niente per rompersi e ricacciarli in una vita senza sogni e senza speranze.
Ognuno ha una storia sempre diversa e sempre uguale fatta di degrado, violenza, abbandono: l’educatore è quello che ascolta, che accoglie, che c’è; che parla di sogni e di possibilità, che racconta che anche dalle favelas argentine ci si può tirare fuori e diventare el pibe de oro.
Ma è proprio tanto difficile sperare e imparare a sognare abitando nel quartiere più degradato di Roma, quello abbandonato da tutti, dove una famiglia vive in 22 metri quadrati senza servizi e senza luce.
Poi capita che segui un minore che non è più solo un bambino, lo vedi e giochi con lui, tu indossi la maglia con la faccia di Diego e lui si incuriosisce e tu racconti e lui ascolta e i suoi occhi grandissimi e neri si riempiono di luce e poi lui parte con il resto della famiglia ad incontrare il padre che abita tanto tanto lontano e il bambino ti chiama perché gli manchi tu e le favole che racconti.
E senti il tuo cuore scoppiare dalla felicità
Perché faccio l’educatore? Proprio perchè non è un lavoro, non è un mestiere, non è una professione ma una passione. La passione di raccogliere le tracce di una umanità perduta e dolente in ogni angolo di strada, in ogni volto, in ogni storia.
Io raccolgo queste tracce, ricordo ogni storia e conservo tutti i loro gesti, piccoli e immensi con i quali ciascuno di loro mi ha ringraziato di esserci.
Mi chiamo Salvatore, ho cinquantuno anni, sono un educatore di strada e amo la vita che faccio.
E io ti ringrazio per questa splendida testimonianza che ti fa onore.