La Primavera siciliana è spettacolare.
Chi non l’ha mai vista non può capire quel che provavo io di anno in anno. L’aspettavo con ansia, la sentivo arrivare, la vedevo all’improvviso quando, affacciandomi la mattina al balcone della mia stanza, la collina che limitava l’orizzonte, si vestiva di fiori bianchi e rosa. Quella era la mia Primavera.
Un segnale inequivocabile, un richiamo a cui non mancavo mai.
Mi vestii in fretta, quella mattina, avevo voglia di camminare, di sentire l’aria fresca sul viso, di dare sfogo ai miei pensieri senza che nessuno mi stesse attorno e mi disturbasse. Ci sono momenti che si desidera stare in silenzio per entrare in simbiosi con la natura e io sapevo bene come fare. Scarpe comode e passo svelto, mi avviai sulla strada scoscesa che portava alla mia collina. Volevo sentire quei profumi amati, guardare nei minimi particolari quei fiori di pesco che, non finivano mai d’incantarmi.
Da lontano giungevano i suoni del paese che si svegliava, qualche saracinesca si alzò stridendo e l’abbaiare dei cani mi giunse da lontano.
Sul piccolo spiazzo che, pomposamente chiamavamo ” Parco ” qualcuno aveva dimenticato un fagotto colorato.
Piccoli particolari che coglievo, intanto che mi lasciavo il paese alle spalle.
Quando giunsi vicino alla panchina, sussultai spaventata; il fagotto si muoveva e mi trovai due occhi fissi nei miei.
Mi mancò la parola e deglutii, affannosamente.
Lui, il fagotto, si mise seduto e riconobbi un vecchio amico di famiglia.
Non capivo perché fosse li e cosa ci facesse con quella coperta addosso e quegli occhi smarriti.
Non pensai più ai fiori di pesco ne’ alla Primavera, mi sedetti accanto e lui cominciò a parlare.
Mi raccontò di quanto s’era sentito solo dopo la morte della moglie, di come, giorno dopo giorno, i figli si fossero dimenticati di lui.
Ora dormiva su quella panchina da dove si vedeva la sua casa che non possedeva più. I suoi occhi liquidi mi sconvolsero.
Nel bar della piazza facemmo colazione assieme e mentre pensavo alla sua solitudine, al suo disagio evidente, pensai a quante persone, ogni giorno, guardiamo distrattamente senza sapere cosa si portano dentro, cosa nascondono nei loro sguardi smarriti quando ci si dimentica della loro esistenza.
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