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Uno dei sette

Guerriero era nato a Perugia, in casa, come si faceva a quel tempo.

La mamma, Pastora , si chiamava proprio così, l’aveva partorito senza grande difficoltà mentre il padre, Vincenzo, era appoggiato al muro esterno dell’aia, seduto su una sedia, fumando un sigaro.
Era il 30 marzo del 1861. L’unità d’Italia era stata proclamata da soli 13 giorni. Quella era la casa di famiglia da quando il palazzo originale, edificato dal capostipite nel 1143 nel punto più alto della città, a Porta Sole, era stato occupato da nuovi proprietari, dopo essere stato il palazzo di famiglia per oltre sei secoli.
La “nuova” casa di famiglia era in una strada che conduceva dall’Arco Etrusco a Porta Sant’Angelo, una delle porte del muro di cinta della città medievale.

Nel giro di un ventennio Vincenzo e Pastora si erano dati da fare e avevano messo al mondo 7 maschi i cui nomi terminavano tutti per “ERO”.
Il primo presumibilmente Guerriero, poi Ruggero, Altiero, Raniero, Argero, Gualtiero e per ultimo Oliviero.
I sette fratelli Staffa crebbero sani in una famiglia dai radicati principi repubblicano-internazionalisti risorgimentali e certamente anticlericale da secoli.
Fu così che, pur non essendo nobili, studiarono tutti per volere dei genitori.
Al giorno d’oggi può sembrare strano ma quando Guerriero fu preso in forza dalla 4a Batteria del 3° Reggimento Artiglieria nel 1880, nel suo libretto personale militare, in rigorosa copertina di pelle di pecora, tra le NOTE PARTICOLARI fu scritto : “Sa leggere e scrivere”.

La società perugina a quel tempo era per la maggior parte dedita alla agricoltura e alla pastorizia, ma c’era anche una buona scuola per notabili ed architetti.
Ma gli Staffa, come nei secoli passati, erano abituati a far da soli.
Sotto la guida esperta del padre Vincenzo i sette fratelli divennero dei bravissimi meccanici ed aprirono un’officina.
Guerriero aveva dovuto dedicare, contro la sua volontà, quattro anni della sua vita, alla leva militare, distinguendosi per le sue doti di intelligenza, buona volontà ma essenzialmente per la sua capacità nel risolvere problemi di qualunque tipo legati alla meccanica.
Al suo rientro a Perugia, si dedicò, insieme ai fratelli, con grande impegno alla Officina e, dopo tre anni di economie, sposò la ragazza di cui era innamorato Virginia Boccioli, dalla quale ebbe due figli : Armando e Rino.

La famiglia continuò ad abitare nella stessa casa dove lui era nato.
Insieme alla moglie trasmise ai figli i principi ai quali lui stesso era stato educato: l’onestà, l’attaccamento al lavoro, l’amore per la famiglia, ma più di ogni cosa il senso di Libertà e la ribellione contro qualsiasi forma di oppressione.
Nel 1903 le Officine Staffa erano al centro di Perugia, sicuramente le più importanti.
Guerriero prese proprio quell’anno la patente per la guida di “automobili in prova” , come scritto nelle NOTE, diventando così un collaudatore ufficiale.
Anche suo figlio Armando, a soli 18 anni, nel 1906 prende la stessa patente e diventano entrambi così famosi, come meccanici ed autisti, che vengono addirittura assoldati, con le auto di loro proprietà, per gite particolari dei Reali Savoia.
Le sorti di famiglia sembrano essersi raddrizzate.
Per tutti i sette fratelli Staffa c’è un periodo di grande prosperità economica e crescita sociale.

Ma purtroppo scoppia la Grande Guerra.
Vengono chiamati tutti.
Anche Guerriero che aveva un congedo illimitato firmato fin dal 1884.
Parte insieme al figlio Armando nel settembre del 1915.
Furono divisi per destinazione.
Armando, in una delle battaglie sull’Isonzo, venne ferito da un colpo di baionetta che gli attraversò lo stomaco.
Portato nelle retrovie, si salvò perché, nonostante le ferite, il proiettile entrato era uscito posteriormente senza colpire organi vitali.
Dopo circa due mesi, nel marzo 1916, dimesso era stato rispedito a casa.
Di Guerriero non si seppe nulla fino al 1917 quando, improvvisamente, verso la fine di ottobre, era tornato a casa.
Raccontò, in seguito, di essere stato catturato dagli Austro-ungarici in una imboscata nei pressi di Gorizia.
Era stato tenuto in un campo di prigionia sul lago Balaton, dal quale era fuggito insieme ad altri tre compagni, dopo circa un anno, nonostante debilitato una gravissima polmonite che aveva contratto.
Dalla guerra tornarono sicuramente anche Oliviero ed Argero.
Degli altri 4 fratelli si perse ogni traccia.
Le cose a Perugia erano cambiate.
Una famiglia di riformati e raccomandati, che non aveva partecipato alla guerra, si era impossessata delle Officine.
Ci furono anni di controversie legali e, nel frattempo, si era affermato il Fascismo che a Perugia ebbe una delle sedi più importanti.

Ma gli Staffa, secoli prima, avevano fatto la Guerra del Sale contro i Papi, avevano subito per secoli le persecuzioni e le angherie dei potenti dei quali non avevano mai riconosciuto l’autorità.
Non riconobbero neanche quella fascista.
Furono depredati di tutto, alcuni arrestati, altri mandati al confino.
Guerriero si rifugiò nella sua casa, dalla quale non uscì più fino alla sua morte per i postumi della polmonite contratta in Ungheria, nel 1924.
Aveva 63 anni. Una vita intera di doveri, vissuta a fronte alta, tipica di chi è fiero di non aver mai dovuto piegare la testa né essere venuto meno ai propri ideali.
Il bisnonno Guerriero, uno dei sette fratelli Staffa, il nonno Armando, antifascista senza remore fino alla morte e mio padre Mario, partigiano nella IV Brigata Garibaldi mi hanno insegnato con il loro esempio a vivere la vita come l’ho vissuta e spero continuino così i miei figli ed i nipoti a venire.

A loro va tutta la mia gratitudine ed ammirazione.

nella foto di copertina: sfilata militare a Perugia 1915

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