CONTAME IL TEMPO DEL CORONAVIRUS
Eravamo in pieno bailamme
La notizia dell’acqua non potabile mandò in tilt i pensieri.
Il coronavirus era arrivato in Sicilia. Era così, tuttoattaccato. Io fino ad allora di tuttoattaccato conoscevo soltanto il caffè.
Portato a letto caldo, fumante di buono, di bene o di amore a seconda del momento. Un bacio sulle labbra o in fronte.
La gente si riversò per le strade per fare incetta di acqua minerale. Per bere, per cucinare, per lavarsi le mani ogni momento. Ne sarebbe servita tanta e chissà per quanto tempo.
In pochi minuti il tam tam veloce dei telefonini su cui ormai le notizie volano ed arrivano in pochi secondi fece il resto.
Non c’era un minuto da perdere.
La caccia all’ultima bottiglia fu più accanita di quella delle streghe del 1252, quando Papa Innocenzo autorizzò l’uso della tortura.
Nessuna pietà. Nessuno guardava nessuno.
Ognuno voleva la sua bottiglia e poco importava se anziani, bambini e povera gente fossero rimasti senza.
Le settimane precedenti c’era stato l’assalto ai supermercati, la gente si sentiva già in guerra contro un nemico invisibile, subdolo, che si insinuava nei polmoni ed uccideva in tempi brevi: il coronavirus, tuttoattaccato.
Poi la smentita. L’acqua si può bere. Nessuno ci credeva davvero. Guardavano le bottiglie in fila per casa. Immobili.
Sembravano soldati pronti per marciare al fronte.
Il nemico adesso era il sindaco, gli assessori, i controllori della salute pubblica. Perché questo avviso e poi la smentita? A chi credere adesso? Cosa fare?
Intanto il coronavirus avanza. Inarrestabile. Incontrollabile.
La paura entra nei cuori e nelle menti.
Lui nei polmoni invece e così se manca l’aria non sa a chi dare la colpa, al “corona” o alla paura. Io ieri sera ho aperto l’ultima bottiglia. Dove vivo io l’acqua ancora è buona. Per quanto tempo non si può sapere.
Ho altro a cui pensare. Mia figlia lontana ed io qui inerme, ad ascoltare voci che si rincorrono ogni ora, sempre diverse.
Il pensiero rivolto agli amici, parenti più o meno lontani, affetti sparsi in giro ed una voglia incontenibile di essere in pace con il mondo.
Che mi sembra a volte venirmi addosso contro e non lo riesco a scansare, mi travolge e certe notti mi sconvolge.
E poi me lo racconto da solo, ogni volta, lo schianto.
Non resta che affidarci ognuno al proprio Santo.
Qui a Palermo l’inno è immutato da secoli.
VIVA PALERMO E SANTA ROSALIA
(e si spera che ci pensi lei)
nell’immagine: la Festa di Santa Rosalia, da www.typicalsicily.it
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